La storia della musica non avrà forse spostato di un centimetro la sua rotta, da quando esiste Fireflies, ma la grande forza di dischi come questo suo terzo “In Dreams” ha il rarissimo merito di far dimenticare questioni ammuffite – già alla nascita – come il posizionamento di una certa opera nello scibile umano.
In “In Dreams” Lisle Mitnik, l’americano del New England (trapiantato in California) dietro al moniker Fireflies, mette insieme le atmosfere rarefatte del suo esordio lo-fi, “Goodnight Stars, Goodnight Moon”, e il lavoro più pulito e più strettamente indie-pop del suo secondo disco, “Autumn Almanac”, in una collezione di canzoni trasognate e dalla scrittura limpida.
Se vi siete mai chiesti che sogni facciano i bambini, forse la risposta è proprio in questo “In Dreams”, e a raccontarli è la voce sussurrata di Mitnik, con un sound che ricorda da vicino quello dell’indie-pop da cameretta degli islandesi Seabear. Ma la costruzione, lo stile dei brani è forse più vario che in altre uscite del genere: c’è una ballata anni Settanta come “Seventy-Seven”, che avrebbe potuto scrivere Cat Stevens insieme agli America, mentre “Cartoons” potrebbe venire dall’immaginaria colonna sonora di un film di Wes Anderson, composta da George Harrison – sulle stesse coordinate pop più classiche si trovano “Kira Kira” e l’instant classic Wareham-iano “Hiding Away”.
Non c’è bisogno di dire che il piatto principale di “In Dreams” rimangono Sarah Records e C86 (la trionfante “I Thought I Knew”, “Everything Is Ending”), spesso aggiornate a Belle And Sebastian e Camera Obscura (la bella “Fourth Of July”), o al twee scandinavo (“A Chance Someday”).
Si realizza così un disco irresistibile, vera collezione di gemme pop, arrangiate e prodotte con grande gusto e coerenza. La storia della musica manterrà il suo cammino, ma se nascesse uno come Lisle Mitnik all’anno, potremmo anche farne a meno.
22/04/2014