A distanza di due anni dall’Ep “Disagiami” e cinque circa dall’esordio “2010”, ricompare la formazione marchigiana, questa volta col supporto della sempre più interessante giovane etichetta V4V records. Un ritorno che non troppo prende le distanze da quanto già fatto ascoltare, soprattutto sotto l’aspetto strumentale e per un’attitudine volta all’immediatezza, la quale non spinge i brani oltre i tre minuti se non nell’opening track, ma che riesce comunque a suonare diverso, proteso con più tensione verso aspetti insiti all’interiorità dei compositori piuttosto che sarcasticamente sparato verso l’esterno.
La moda, se tale la si può definire, o comunque la riscoperta degli anni 90 italiani che da qualche tempo sembra essere la tendenza prediletta delle nuove leve è prerogativa dei pesaresi da sempre e tale condizione quasi reverenziale si potrà intravedere senza troppa difficoltà anche nel nuovo “Hai mai visto l’alba?” insieme a quella voglia di sporcizia sonica che tanti hanno esaltato nell’ultimo album dei Verdena. Tuttavia la rilettura proposta dai quattro riesce a suonare più sincera, riuscita e originale della maggior parte dei colleghi. Pur se i paragoni più plausibili andrebbero fatti con i maestri statunitensi, è ovvio che l’uso della lingua italiana spinga l’orecchio a cercare nella memoria, già dall’ascolto della prima traccia (“Stanco”), le prime registrazioni noise-rock di Godano e soci ma anche i più cupi Umberto Palazzo e Il Santo Niente, con quei taglienti e ruvidi strati di chitarra che cercano di squarciare una linea melodica solo appena accennata e che si trascina con difficoltà, generando un clima di disillusione in perfetta sintonia con lo spirito di fine millennio e con le liriche dirette e coincise.
C’è tutta l’immediatezza dei Dinosaur Jr più ironici nella fulminea “Kaliffornia”, con le sue corde distorte, il suono profondamente lo-fi, una sezione ritmica dritta e minacciosa e la voce, questa unica volta in inglese, delirante e a tratti incomprensibile mentre canta: “I see all these empty streets/ I feel fine when you’re not with me” con quel tono di folle disperazione rabbiosa e gioiosa di chi rivendica una libertà in fondo non troppo realmente desiderata. Sono passati solo sei minuti e già “Hai mai visto l'alba?” ha messo sul piatto le sue cose migliori, certamente al di sopra dei brani più sermonici di chiara ispirazione capovilliana (“Campione 99”, “Mio Amico mio”).
Due sono i brani esclusivamente strumentali; il primo (“Pizza Man”) grezzo e potente, dall’inizio alla fine, senza alcuna pausa e senza alcun crescendo tipico del post-rock ma anzi tiratissimo e gonfio d’una attitudine punk invidiabile. Il secondo (“Romantika”) che andrà anche a chiudere l’album, di tutt’altra fattura, maggiormente vicino allo stile mogwaiano più soft, non tanto nella ricerca dei suoni, qui sempre ridotta all’osso, quanto nella voglia di creare un’atmosfera distesa, rilassata e intima. Non sarà certo questo il punto più alto del disco così come non riuscirà a convincere pienamente la ballata “Grand Piano Memorie (Promenade)”, quasi interamente piano e voce, non troppo seducente e accattivante, ma che quantomeno riesce a gettare altra carne sul fuoco, fornendo ulteriori spunti di riflessione per un disco che non ha certo nelle dimensioni (circa ventuno minuti) un valido sostegno alla varietà stilistica.
Prima della chiusura con il pezzo già citato, c’è ancora il tempo per un folk a bassa fedeltà (“Vita”) intenso nella sua semplicità e che ha il merito di sottolineare quanto di più interessante ci sia nel disco, sotto l’aspetto vocale, visto che nonostante le doti non proprio eccelse, la varietà con la quale le liriche vengono sputate fuori, o disciolte nell’aria all’occasione, finisce per lasciare quel senso di appagamento autodistruttivo che solo certa musica è capace di donare.
Un disco da ascoltare in repeat per coglierne la vera essenza, senza troppe pretese sia nell’aspetto strumentale, sia in quello lirico, ma che riesce a farsi apprezzare proprio perché la sua “volgarità” lascia un retrogusto genuino che nulla ha da spartire con la tracotanza di colleghi più affermati, inutilmente decisi a fare i poeti prima di essere ciò che sono davvero.
15/02/2015