“Il “Bwa Kayiman” è una cerimonia voodoo celebrata il 14 agosto del 1791, presieduta dal sacerdote hougan Dutty Bookman e a cui presero parte gli schiavi di Santo Domingo, all’epoca colonia francese. Da questo rituale prese il via la rivolta degli schiavi che renderà Haiti la prima repubblica nera al mondo, unico paese la cui indipendenza è stata frutto di una rivolta di schiavi”.
Titolo, concept e copertina del disco lasciano subito intendere che le cose iniziano a farsi serie per i Maybe I'm. Non che le cose non fossero serie già prima - un disco come “Homeless Ginga” la quasi totalità dei gruppettini italo-indie che infestano la penisola da Nord a Sud possono vederlo solo con il cannocchiale - ma la faccenda qui cambia e pure di molto, ed è una questione di attitudine prima di tutto ma, va da sé, anche di suoni. Nel senso che in “Bwa Kayiman” il duo salernitano si libera (finalmente) da quelle costruzioni indie-rock che avevano caratterizzato i loro pezzi finora, per approdare a una musica meno strutturata, quasi free in alcuni passaggi e, soprattutto, intimamente punk.
Così, con questa nuova grammatica i Maybe I'm riscrivono il loro romanzo roots, aggiungendo un’ulteriore dose di morbosa selvatichezza al loro blues paludoso. A venirne fuori è un suono che sa farsi centro di gravità di forze diverse ma complementari, un suono che riesce a introiettare la tribalità rumoristica dei primi The Ex e l’allucinata e sciamanica carica Beefheartiana dei Malaikat Dan Singa di Arrington De Dionyso, ma che allo stesso tempo mantiene una sua forte personalità – al momento in Italia nessuno suona in questo modo. Ciliegina sulla torta è una scrittura matura, capace di partorire autentiche gemme come “Sele”, “Education Of Young Citizen” e “Commen Sale”.
Insomma, “Bwa Kayiman” è un gran disco, ma se i ragazzi sapranno inselvatichire ancor di più il suono mantenendo questo livello di scrittura, allora potrebbe venir fuori qualcosa di più di un “gran disco”.
24/03/2014