Formatisi a inizio anni 10, i palermitani Omosumo (Angelo Sicurella, Roberto Cammarata e Angelo Di Martino) debuttano con l’Ep “Ci proveremo a non farci del male” (2013) cui segue un mini di remix, e quindi col disco lungo “Surfin’ Gaza”.
Le ambizioni elettroniche degli esordi si ritrovano riconfermate in piena forma in “Yuk”, un techno-pop New Order con un’inquietudine simbolizzata da continue variazioni d’atmosfera, quasi uno studio sul contrappunto. Lo stesso per “Nowhere”, guidata dall’organo lisergico, che pure tradisce una discreta derivazione Pinback.
Per il resto, è un disco - con un missaggio freddo a cura di Hannes Jaeckl - in altalena tra semplice, fiacchetta manovalanza pop (“Walking On Stars”, l’Arcade Fire-iana “Nancy”) e incursioni a testa bassa nel dancefloor, come la disco-funk ad alta tecnologia di “Ahimana” o la jungle ambientale con voci robotiche filtrate di “Waves”.
Alcuni brani sfruttano solo a metà il loro potenziale per via della durata esigua, vale a dire la tribale e riverberata title track, a impennarsi in un refrain corale melodrammatico, e il mantra zombie di “Dovunque altrove”, riscattato dagli strilli free-jazz del sax. “Atlantico”, dub con echi rarefatto ma incalzante, ne è comunque la sua continuazione (ma qui il sax di chiusa è molto più tonale e geometrico, quasi lounge).
Più che i singoli episodi, in ogni caso, contano i singoli apporti: la perfetta voce soul femminilizzata di Sicurella, che impartisce un solenne piglio innodico all’intera opera, ma ancora meglio il basso di Di Martino, snello e materico a un tempo. Plurilinguismo (italiano, inglese, arabo), stilemi etnici e, punto basso, denuncia (la funesta “striscia” allusa dal titolo) stanno invece a un soffio dall’irrilevanza. “Nowhere”, primo singolo, ha un videoclip gioiello.
23/10/2014