Ci si è messo dunque il patron dell'etichetta più importante del dark statunitense a fornire il trampolino di lancio a questo curioso personaggio, che si presenta con abiti da strega e sfera di cristallo in mano, quasi fosse uscito dritto dritto da una delle tante saghe fantasy imperanti. Si accompagna al pianoforte mentre intona quelle che sono autentiche carol song, ma a differenza di Jill Tracy, ci infila spruzzate di elettronica, ritmi soffusi e innesta il tutto in un clima quasi più vicino a una Enya gothic-oriented che a pratiche esoteriche e rituali sciamanici.
Atteso e rimandato, “Sugar Wingshiver” è dunque l'atto primo su ampia scala della carriera di Cassidy da musicista, una raccolta di quindici brani dalle facce più disparate, un calderone in cui sono confluiti una miriade di idee, progetti, abbozzi e percorsi. Un'operazione non particolarmente ponderata dal punto di vista del concept, ma frutto semmai di sforzi evidenti e almeno in parte ripagati dai risultati più convincenti. Fra questi si annoverano le memorie a ritmi blandi di “Luna Sea”, il lungo notturno di “We Rush Beyond All Bundaries”, l'originale mantra elettronico di “Fire In Your Eyes”, il trip-hop strappato ai Morcheeba di “Loup Garou” e la chiusura semi-epica di “Khepri”.
Le coordinate sono perfette per inserirsi nel catalogo di Rosenthal e soci: languori melodici à-la-Autumn's Grey Solace, devozione vocale a Hope Sandoval, l'immancabile profumo gotico nell'aria e un clima pregno di una spiritualità dal retrogusto macabro, pronta pure a farsi da parte per lasciar spazio a tentativi di fuoriuscire dai canoni (la dream-trance di “Honeybee Reverie”, le comete fluttuanti di “Still A Ghost”, la sensuale danza proibita di “Voodoo Lily”). Quel che manca per fare la differenza è la capacità di porsi al di fuori di un cliché di per sé stanco e ritrito, nonché un filo conduttore in grado di unire sotto uno stesso vessillo questi quindici, graziosi e minuti ritratti.
(25/01/2014)