Con questo suo terzo lavoro, Annie Lewandowski calibra al meglio la propria ispirazione, producendosi in una manciata di brani in cui il folk-noise sperimentale che caratterizzava “Be Mine” del 2011 e “Do You Burn” di due anni dopo culmina in una manciata di brani assolutamente intriganti.
Sempre in bilico tra l'incanto di melodie fuori dal tempo e la ruvida poesia di corde, carillon, scatole magiche di rumori, stridori enigmatici e quant’altro (a questo giro se ne occupano John Dieterich dei Deerhoof (chitarra e dobro) e Thomas Bonvalet (banjo, armonica, campanelli, percussioni, concertina e fiati), “Arrest” (registrato in un solo giorno con la supervisione di Ian Pellicci) è uno di quei dischi che si insinua lentamente sotto pelle, accompagnato dalla delicata ma evocativa voce della Lewandowski, che si destreggia anche all’accordion e al pianoforte.
Un disco di contrasti anche stridenti, dunque, ma sempre carezzevole e comunicativo, mai chiuso su se stesso, anche quando le dissonanze e l’informe prendono il sopravvento (“When You’re Near”, l’afflato cubista di “Seeing It”). La fragile magia della ninna-nanna di “Into The Sea” nasce dalla sovrapposizione di stupore onirico e scabra percussività, mentre per quella di “Easter Story” basta il rintocco di un vecchio orologio a tenere desta l’attenzione intorno alla fioca fiamma di una candela.
Se l’agile “Be Mine”, dunque, potrebbe essere quasi un omaggio a Cat Power e se “Weeping Willow” ci trascina dentro solari progressioni armoniche, “After Dark” continua a suggerire che dietro la superficie apparentemente spoglia di questi brani si nascondono sfumature impercettibili e, del resto, la cover di “You Can Make Me Feel Bad” di Arthur Russell è un invito a decostruire l’impianto minimalista per rintracciare granuli infinitesimali di lirismo. L’intimismo pittorico di brani quali “Birdsong” e “Ordinary” rimandano con ancor più convinzione alle pagine più elusive di Colleen (penso soprattutto a “The Golden Morning Breaks"), incarnando al meglio, quindi, il carattere introspettivo dell’opera, laddove la danza di “Paper Tiger” ne esalta ulteriormente, con il suo piglio raggiante, il lato più “fisico”.
28/12/2014