Non è facile resistere alle lusinghe, soprattutto se è Robert Plant l’uomo pronto a scommettere sul tuo futuro: dopo l’esordio “Passing Strangers”, per Scott Matthews (un artista che credo il nostro pubblico non confonda più col barbuto senza la “s” finale) si erano aperte le porte del successo (anche grazie al premio Ivor Novello). La stima di alcuni colleghi avrebbe dato alla testa qualsiasi musicista, ma il suo percorso artistico è un raro esempio di coerenza artistica.
Salutato dai più distratti come l’erede di Jeff Buckley, il musicista e compositore inglese si era rinchiuso nella solitudine e nella nebbia londinese per rimettere in fila le sue sensazioni più intime e personali. Il secondo album “Elsewhere” andava altrove (elsewhere… appunto) o dovunque, ma apparentemente lontano dal posto più confortevole che Scott conoscesse, ovvero la propria casa. Innamorato del genio di John Martyn e stupito dall’integrità artistica di Paul Simon, Nick Drake e Bert Jansch, nel successivo “What The Night Delivers” il musicista ha sperimentato nuovi spunti lirici da aggiungere alla sua ricerca sonora, giocando su chiaroscuri stilistici e accordi inusuali, raggiungendo quella maturità e autonomia che bramava da tempo.
Il quarto progetto sembra rimettere ancora una volta in discussione tutto, Scott Matthews sembra voler forzare i propri limiti e il suo virtuosismo chitarristico. “Home Part 1” è un disco quasi country-blues, ricco di accordi impossibili o inusuali per un album acustico, l’accordatura in re (o in D) è molto amata dai gruppi metal e stoner (ma fa la sua bella presenza anche in “Grace” di Jeff Buckley), e nel brano d’apertura “Virginia” sembra strano immaginare che quel delicato fraseggio e quella melodia memorabile e struggente possano trasformarsi con altre vesti in un potente rock-blues.
La magia del nuovo progetto del cantautore è proprio in questo suo racchiudere in sognanti e malinconiche canzoni folk, la forza di un album degli Smashing Pumpkins e la rabbia dei Led Zeppelin con una messa in scena sonora che è figlia dello Springsteen di “Nebraska” o del Nick Drake di “Pink Moon”. Non mancano le incredibili progressioni armoniche che ci avevano già entusiasmato nei precedenti album (due su tutte: ”Sunlight” e “Running Wild”), ma questa volta tutto quello che gira intorno è ancor più succoso della portata principale.
Registrato in completa solitudine nella propria casa, “Home Part 1” trova la chiave lirica perfetta per coniugare le sue doti di cantante e di chitarrista: in “The City And The Lie”, ad esempio, il leggero tocco di blues crepuscolare e un po’ fragile ondeggia tra note limpide e cristalline, mentre Scott canta con una schiettezza mai udita prima, ma subito dopo il virtuosismo prende possesso della musica con una vibrante rumba che scivola verso toni esotici e solari che incantano (“The Night Is Young”).
La malinconia trova sempre più spazio, come nella sequenza di lirismo e poesia di “The Outsider”, una delle ballate più suggestive dell’album, dove primeggiano piano e armonica tra ardite sequenze di accordi di chitarra ricche di echi del Nick Drake di “Pink Moon”. Ancor più eterea e notturna la pianistica “86 Floors From Heaven”, dove non ti meraviglieresti di udire in fondo la voce di Antony & The Johnsons, quella stessa voce degli angeli che Matthews celebra nella successiva “Dear Angel”, dove la rarefazione vocale e sonora raggiunge l’apice, senza perdere quella impalpabile fisicità che trasforma ogni piccola frase in un grido sordo ma penetrante come un pugno allo stomaco.
Sto per un attimo pensando al sorriso forse beffardo che attraverserà il volto di Scott quando leggerà queste impressioni su “Home Part 1”, il suo album più intimo e delicato, spacciato come il suo album più rock, o è forse proprio il contrario: questo è il suo album rock-metal smerciato come il suo album folk. Quale che sia la verità, le undici canzoni qui racchiuse sono un incastro perfetto di malinconia ed energia, la chimera per ogni songwriter: il ritorno alla realtà dopo il sogno della protagonista di “Mona” (un folk-pop che farebbe invidia a José González) e il lungo intermezzo strumentale di “The Clearing” (dove accenni di jazz rinnovano i fasti della vecchia scuola dell’easy listening made in Usa) suonano come piccoli frammenti di una storia più grande, che Scott Matthews sembra finalmente raccontare senza indugi.
Lo confesso: l’ascolto di “Running Wild” mi strappa lacrime di dolore e gioia senza che riesca a dividerle le une dalle altre: la voce sembra un respiro che non riesce a germogliare fino a quando si aprono le porte di una mare lirico quasi travolgente e straziante, che evoca vecchie romanze di Verdi o Puccini. Senza dubbio sarà l’altro piccolo gioiello dell’album “Sunlight” a trascinare definitivamente il pubblico verso il suo immenso insieme di musica e parole, è come se tutta la forza e la rabbia che si celava sotto le undici canzoni sbucasse fuori all’improvviso (ascoltate lo splendido assolo di armonica) travolgendo le emozioni e i dubbi; tutto sembra all’improvviso più luminoso e chiaro, ed è una forza che tracima e trascina senza che la ragione possa mettere confini alle sensazioni.
Sembra quasi che le canzoni di "Home Part 1" siano il frutto di una stagione più lunga di quella che è passata da “What The Night Delivers”, come se Scott avesse messo da parte quelle canzoni, dei frutti messi a maturare in attesa che il loro sapore agrodolce fosse senza tempo e lontano dal clamore che accompagna l’impeto giovanile di ogni vita.
Non riesco a immaginare queste canzoni senza quei pochi e delicati tocchi di armonica, flauto, piano e flugelhorn che le ingentiliscono, non avrei trovato adatto il furore degli esordi e neppure il tono notturno del precedente capitolo, qui il racconto è confidenziale e ricco di sincerità.
Scott ci ha aperto le porte di casa, e non è un caso che il brano finale “Let’s Get You Home” suoni come un amichevole bis, che il musicista offre all’ascoltatore dopo averlo inondato di emozioni intense e travolgenti, un saluto affidato alle note di una chitarra scordata e svogliata che non vorrebbe lasciarti andare via, verso la tua... casa.
02/05/2014