Nel 1984, esattamente trent'anni fa, Steve Roach coniava quello che sarebbe divenuto l'autentico glossario dell'ambient music per come la conosciamo oggi: “Structures From Silence” costituisce le solide fondamenta su cui poggiano e affondano le radici gran parte delle odierne espressioni del verbo ambientale, dalle più evocative alle più sperimentali. Proprio in occasione di una data tanto importante – festeggiata come di consueto dalla puntuale Projekt con un'imperdibile deluxe edition del disco – l'instancabile e irrefrenabile maestro californiano torna a percorrere da una serie di prospettive quella strada, in un anno che lo ha visto ridurre drasticamente la sua prolificità (trattasi “solo” della seconda uscita dopo la bella collaborazione con Kelly David, la prima in solitaria).
Il bagaglio di inquadrature scelte questa volta non è in realtà così inedito, ma dista di sicuro parecchio dalle ultime esperienze sia discografiche che dal vivo, nelle quali Roach pareva essersi concentrato sulle tinte più brillanti (i recenti concerti “cosmici) e maestose (“Soul Tones” e "Future Flows", oltre alle varie collaborazioni con Byron Metcalf e il già citato David) della sua vasta tavolozza. A tornare protagonisti qui sono invece i colori più tenui e generativi della sua musica, quelli che proprio “Structures From Silence” aveva introdotto, pronti a subire negli anni varie evoluzioni attraverso una manciata di lavori memorabili. “The Delicate Forever” è fra gli album più variopinti e riassuntivi della carriera del sempreverde veterano, essendo la delicatezza l'unico comun denominatore scelto per legare le sue cinque suite.
La title track potrebbe davvero essere un outtake del celebrato capolavoro, per qualità e coerenza sonora: un lungo e reiterato flusso che torna a convertire il minimalismo spazializzato di Eno e della sua “1/1” nell'immagine dinamica del moto ondoso. Venticinque intensissimi minuti del Roach più organico e quieto dai tempi di “Afterlight”, il cui buio si tramuta in “Perfect Sky” nella più classica e pittoresca inquietudine cosmica (e qui la memoria richiama inequivocabilmente la coppia “dark” formata da “Darkest Before Dawn” e “Dynamic Stillness”). Totalmente contrapposto a queste ambientazioni è l'altrettanto splendido carillon di “The Well Spring”, la cui danza di arpeggiatori va addirittura a recuperare quelle primissime esperienze di memoria berlinese già rispolverate nel gioiello “Sigh Of Ages”.
Altrettanto a fuoco, per quanto decisamente meno suggestive, sono l'esplorazione dell'inospitale grotta di “Where The Mysteries Sleep” e la chiusura sottovoce affidata a “HearAfter”, un tappeto di droni bagnato da gocce limpide. Da prenotarsi in fretta e non lasciarsi scappare è invece la splendida dilatazione della title track, allungata a settantatré minuti e offerta in cinquecento copie su solo cd a nome “The Delicate Beyond”, un ipotetico destino alternativo per un disco al solito magistrale.
Nel trentesimo anniversario di uno dei momenti più importanti della sua carriera e dell'ambient music tutta, Steve Roach aggiunge dunque l'ennesimo tassello di qualità a una discografia sempre più monumentale, riaffermando (seppur senza alcun bisogno) l'impossibilità di spodestarlo da un trono che continua a essere (e con tutta probabilità resterà) solo e soltanto suo.
N.B.: Il voto a "The Delicate Beyond", che costituisce in tutto e per tutto un'uscita fisica separata, è 7,5.
31/08/2014