Con Vermont l’idea è mettere da parte drum machine e turntable, focalizzando l’attenzione sulla compente musicale più estesa. In sostanza, ci troviamo di fronte ad un album intimista, in cui i due producer giocano con la loro bravura compositiva, tra arpeggi , sequenze musicali ben incastonate e il sotto fondo di un piano Rhodes. Ciò che si nota in maniera palese è quanto questi due ragazzi si siano divertiti a creare e a suonare dando libero sfogo alla propria immaginazione.
“Vermont” è infatti un album ricco di sonorità in cui in certi momenti sembra di ascoltare i Tosca senza drum machine e con meno fronzoli (vedi “Cocos”), a rievocare echi dei Cluster ed Eno.
La scelta atipica di non cadere sul “solito” o (potremmo dire) sul “banale quattro quarti” tipico della musica house, si trova certamente in quella di farsi notare sotto una veste nuova (l’ennesima per entrambi) e nel puro spirito sperimentale, confermando così una genialità a sé stante e tutta da scoprire.
L’unica nota “negativa” è l’eccessiva lunghezza di alcune parti. Diverse tracce risultano un tantino ridondanti nell’evoluzione ritmica. Possiamo però affermare che si trovano delle vere e proprie opere d’arte come le affascinanti “Ebbe” e “Machina”, o come l’open-track “Yaiza” che ci immerge subito nel ricercato nuovo sound del duo tedesco.
Il qui presente omonimo esordio è in definitiva solo un primo assaggio delle potenzialità del duo. Va comunque precisato che quattordici tracce spazianti tra experimental music, concrete music, lounge, krautrock ed elettronica da camera, non sono poi così semplici da amalgamare.
Vermont è dunque da intendere come un’entità decisamente particolare, rivolta a tutti coloro che amano atmosfere eteree e rilassanti. Non ci resta, quindi, che continuare ad avere fiducia nella bontà di questo progetto.
(18/04/2014)