Vladislav Delay

Visa

2014 (Ripatti)
elettronica

A descrivere il suono che Sasu Ripatti ha saputo creare negli ultimi 15 anni non credo se ne possa uscir vivi. Questa elettronica senza forma, con beat galleggiante, scie e moti ondosi. Questa ambient spastica che è tutto e il contrario di tutto. Le forme a mutazione continua, il costante riconfigurarsi di un suono che parla in primis a se stesso. Che dimostra l’infinita varietà di soluzioni, di fascinazioni, di strutture. Troppe parole sono state sprecate. O comunque mai davvero a fondo si riuscirà a riportare la portata immaginifica e assolutamente impalpabile della sua musica. Che si possa dire ancora di Delay non credo quindi di saperlo più.

Due anni fa il lacrimevole “Kuopio”, ora “Visa”, primo Lp sulla sua label Ripatti. Non ho idea di cosa questo “Visa” rappresenti nella carriera di Ripatti. Probabilmente, a scorgere tra le pieghe, un suo muoversi sottotraccia, in costante relazione con l'ambiente che lo circonda. Mai come in "Visa" Delay pare quasi far parlare la sua immersione con e nella sua terra. Non ci sono qui intenti di un io narrante in prima persona, Ripatti è puro e semplice intermediario.
Non c’è quasi spazio per beat di sorta, e laddove emergono increspature, ecco che sono sconnesse, isolate, rimbalzano in moti nonsense, definendo texture e sfondi gelidi. Non c'è un intento organico, ormai Delay viaggia a vista. Negli anni ha affinato in maniera eccezionale la capacità di trattare il suono. Lo lascia andare, lo lascia viaggiare. Non c’è più l’incanalare un qualcosa, si lavora di briglia sciolta. Parla a braccio, Delay, con la voce flebile, e quella sensazione di ghiaccio tiepido che evapora.

E così si erge la mastodontica “Visaton” a lavorare su una ambient dimessa dagli agenti atomosferici, giocando di sottrazione-dub rispetto a quella “Huone” che molti cuori ha spezzato. Non pulisce più i suoni, Sasu, non deterge i field recordings. Al contrario, “Visa” mostra la neve sporca ai lati dei marciapiedi, lasciata a se stessa in attesa di sciogliersi. Non ha più la pretesa di costruire, di rinnovarsi, di ambire a un qualcosa. Ma, al contrario, Ripatti asseconda il suo quotidiano, con lo sguardo sull'immensa vetrata del suo studio che si sporge su Hailuoto. Gli abeti, l'erba brulla e rada, i cervi, i primi fiocchi bianchi autunnali adagiati sul permafrost.
A ruota "Viaton" e "Viisari", trame impro-elettronica la prima, dolcissimi notturni metropolitani la seconda. E ancora "Vihollinen" e i suoi echi di casa Hyperdub con pullulare di voci soffocate dalla lontananza, o lo splendido quadretto in levare di "Viimeinen". Tutto questo è ora Delay, un purista della forma che fa parlare i suoi occhi e le sue orecchie, senza trattare il suono, ma lasciandolo libero di auto-farsi.

E così, in questo moto di auto-annullamento e di inchini a ciò che si presenta di fronte a lui, Delay demolisce ulteriormente se stesso, la sua arte. In attesa di altre stagioni e silenzi da dipingere. O di nuove gelide architetture.

10/11/2014

Tracklist

  1. Visaton
  2. Viaton
  3. Viisari
  4. Vihollinen
  5. Viimeinen

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