Entrambi con innumerevoli alter-ego artistici paralleli, gli olandesi Frans De Waard e Roel Meelkop uniscono le loro menti a nome Zebra per “Black And White Album” (2008), concept-album di house progressiva con qualche momento di magia supersonica.
Per il seguito “Classics Album” i due mutano a causa di problemi di copyright in Wieman. Più che un tutto unitario sembra però l’unione di due album, uno di dance tradizionale e uno di campioni e loop di manipolazione del suono. Inutile dirlo, quest’ultimo è quello intrigante, e si ritrova precisamente a inizio e fine dei brani.
“With A Lat Of Verve” espone dapprima un muro di campioni vocali in una suspense apocalittica prolungata, e aggiunge una coda di suoni acquatici (nel mezzo c’è un tedioso battito progressivo). “The King Ist Queer” attacca con una storpiatura elettronica della “Rapsodia” di George Gershwin e capitola in una magistrale coda di rimbombi ed effetti sonori (nel mezzo viene un mancato incontro tra minimal techno e trip-hop). “Mega Deconstructed Live Wish” ha una intro con suspense gotica e balletto Kraftwerk-iano e una chiusa con un enigmatico pianoforte blues (nel mezzo sta un’imbarazzante cavalcata hard-rock di grana grossa, apice negativo della loro schizofrenia).
La più breve e umile “The Lady Es A Tramp” è più felice perché punta tutto sui suoni ciclici e filtrati, una sonata per soli echi e venti, purtroppo appena sbozzata. I 16 minuti di “Do You Have ElP” sembrano fare storia a sé, ma in realtà espandono “The Lady Es A Tramp” addensando proprio la cosa più riuscita del progetto, in una lontanissima soundscape di plumbea ambience con un battito che lentamente si avvicina evidenziando suoni metallici e distorsioni radio, quindi scomparendo in un lungo decrescendo di droni e glissandi non meglio indentificati.
E’ un progetto vieppiù fallito quello di De Waard e Meelkop; vorrebbero evitare le scansioni meccaniche del dj-set e le pose consuete dei produttori e invece spesso vi cascano con tutte le scarpe; vorrebbero inventare un genere, il meltpop, e invece pasticciano generi già noti; vorrebbero stupire campionando spezzoni dai titoli con elementi “classici” (da cui il titolo dell’opera) che non hanno alcuna ricaduta espressiva. Rimane il gran lavoro di montaggio studio, la cura di suoni ed effetti, l’uso esagerato ma pur atmosferico dei loop, e il loro primo (irripetibile?) monumento sonico, “Do You Have ElP”. Sei anni di lavorazione.
02/08/2014