Julia Shapiro (Chastity Belt), Bree McKenna (Tacocat) e Stacy Peck (Pony Time), tre donne agguerrite per un progetto denominato Childbirth e un album intitolato eufemisticamente “Women’s Rights”.
Tre musiciste di stanza nel Pacific Northwest alle prese con una raccolta di canzoni estemporanee e volutamente aspre e grezze.
Due o forse tre accordi per un post-punk non edulcorato, ma purtroppo manieristico e prevedibile come un litigio tra vicini. Non c’è alcuna velleità rivoluzionaria in “Women’s Rights”, forse nemmeno l’intenzione di suonare anticonvenzionali: quasi uno scazzo tra amiche che hanno voglia di pigiare duro, ma l’incanto è lo stesso di una rissa nei pressi di un bar o di una sbornia tra divorziate/i.
Forse le Childbirth avevano intenzione di raccontarci il nichilismo in cui la figura femminile rischia di essere completamente assorbita in questi anni di confusione ideologica, ma altre band al femminile hanno dato un miglior contributo di questo esangue insieme di canzoni (“Let’s Be Bad” tra le migliori e “Nasty Girls” a far da contraltare con banalità liriche e musicali al limite dell'orrido), che sembrano avere l’unica ragion d’essere nella loro possibilità di essere urlate e maltrattate, in furiose e sicuramente coinvolgenti esibizioni live.
Ecco, risparmiate i soldi del disco (se siete ancora tra quelli che li comprano) e conservateli per un loro concerto (sì, lo so, non verranno mai dalle nostre parti, ma non vi perdete nulla di fondamentale).
Se invece amate scaricare e ascoltare di tutto per mettere il vostro votino su Rym, copiate anche il mio e risparmiatevi una mezz’ora non abbondante di banalità post-femministe (nel senso musicale, ovviamente).
27/10/2015