David Kauffman & Eric Caboor

Songs From Suicide Bridge (reissue)

2015 (Light In The Attic)
folk, songwriter

Oggi godono dell’appellativo di cantautori indie, in passato li chiamavano loser, ovvero perdenti, sono musicisti spesso autarchici, innamorati della loro musica al punto da non accettare compromessi o intrusioni nella loro sfera creativa, in comune hanno spesso l’esiguità della loro produzione o della tiratura dei loro progetti discografici.
Ancora una volta la Light In The Attic scava tra le infinite sorprese e meraviglie del sottobosco musicale, portando alla luce “Songs From Suicide Bridge” di David Kauffman e Eric Caboor, due ragazzi innamorati della musica di Tim Hardin, Randy Newman, Joni Mitchell e Danny O’Keefe (al quale il disco fu dedicato).

A essere onesti, oggi, una tiratura di 500 copie autoprodotte assomiglia a un successo planetario in rapporto alle esigue vendite discografiche, ma nel 1984 una cifra del genere non garantiva nemmeno uno status di cult.
Era controcorrente “Songs From Suicide Bridge”, Bruce Springsteen si era già convertito al mainstream con “Born In The Usa”, Rem, Husker Du e Minutemen avevano già rivoltato come un calzino il rock americano, le vecchie glorie annaspavano, e l’Inghilterra si lasciava definitivamente alle spalle il punk raffinando le sue armi con dischi seminali come il primo album degli Smiths,Treasure” dei Cocteau Twins, “Ocean Rain” degli Echo & The Bunnymen, “Briliant Trees” di David Sylvian o l’esordio dei Blue Nile, “A Walk Across The Rooftops”.

Non è superfluo aver citato il contesto musicale nel quale venne fuori l’album di Kauffman e Caboor: lo sguardo dei due musicisti era stanamente rivolto al passato del folk americano e ai primi anni 70, con un briciolo di contaminazione rock alla Flying Burrito Brothers e Byrds: altri archetipi della loro ricerca sonora, che trovavano più fortuna e credito tra le braccia di band come Rain Parade, Mazzy Star, Long Ryders, ovvero di tutta la scena Paisley Underground.
“Songs From Suicide Bridge” non è un album destinato a suggestionare il pubblico solo per la sua storia o genesi: intenso e genuino, il progetto è il frutto di un’amicizia radicata, vissuta suonando per un pubblico esiguo. Talento e autenticità sono evidenti e tangibili, ed è una fortuna che il produttore Norman Stepanski mise a disposizione i suoi studi per dare alle registrazioni su nastro a quattro tracce una configurazione definitiva.
L’album è ispirato al fascino leggermente tetro e doloroso del Colorado Street Bridge, un ponte tra la speranza e il sogno, che collegava la vecchia America al sud della California, ben presto trasformatosi nel ponte della disperazione e del suicidio.

Non siamo di fronte a un capolavoro seminale o a uno dei tesori nascosti della storia del rock, Kauffman e Caboor sono semplicemente catturati nel momento di maggior splendore e creatività, e non ci è dato sapere come sarebbe andata la loro storia di musicisti se la fortuna avesse baciato queste canzoni. Nonostante depressione, solitudine e frustazione siano le coordinate delle dieci tracce dell’album, la musica di Kauffman e Caboor ha il fascino di Jackson C Frank o James Taylor, grezza e soave nello stesso tempo (“Kiss Another Day Goodbye”) scava nel patrimonio più oscuro del folk americano alla maniera di Tim Hardin (“Life Without Love”), intona un refrain (“Angel Of Mercy”) che nelle mani giuste (penso ai Guns'n'Roses o ai Nirvana) poteva essere un piccolo inno generazionale, grazie a un testo oltremodo crudo e intenso.

Qualche ingenuità (“Tinsel Town”) non sminuisce l’insieme, ed è facile pensare che “Songs From Suicide Bridge” troverà asilo tra i fan di Elliott Smith per la stessa abilità di raccontare una generazione senza veli d’ipocrisia o maschere.
A ballate accattivanti e intense come “Backwoods” i due musicisti contrappongono dolenti canzoni per piano e voce, come “Life And Times On The Beach”, che inaspettatamente nel finale si scioglie in un folk quasi andaluso, con chitarra, mandolino e voce in piena libertà.
Con “Life Without Love” il pensiero ritorna alla coincidenza storica con il Paisley Underground, le amosfere psych-folk-blues sono facili da immaginare tra le braccia di Rain Parade e Mazzy Star, una sinergia che si ripete quando le note quasi opaline della chitarra in “Midnight Willie” mettono in piedi un altro capitolo folk-blues.

Che dopo un tentativo come duo (The Drovers) il solo Kauffman abbia tentato di rinverdire il suo passato di musicista (con almeno un album da segnalare, ovvero “Be Still”) poco importa, va solo sottolineata l’importanza di questa ristampa della Light In The Attic, rimasterizzata con cura e accompagnata da un bel libretto ricco di notizie, “Songs From Suicide Bridge” è un altro tassello rilevante nella storia oscura del songwriting americano.

16/06/2015

Tracklist

  1. Kiss Another Day Goodbye 
  2. Neighborhood Blues 
  3. Life Without Love 
  4. Angel of Mercy 
  5. Life and Times On the Beach 
  6. Backwoods 
  7. Midnight Willie 
  8. Where's the Understanding 
  9. Tinsel Town 
  10. One More Day (You'll Fly Again)


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