Due anni fa i Dendritic Arbor si presentavano sulla scena della musica estrema con il già interessante Ep “Sylvan Matriarch”, una collisione viscerale e ruvidissima tra black-metal e grindcore. Nello stesso solco, ma con una maggior cura per i dettagli, si muove anche questo esordio sulla lunga distanza, con cui la band si spinge verso territori più sperimentali, marchiando la sua miscela sonora con voci schizofreniche, dissonanze assortite, muri di rumore e tutto quello che serve per rendere la loro musica un simbolo adeguato delle torture psicologiche cui è costretto l’uomo moderno, conteso tra l’atavico richiamo della natura e il sempre più pervasivo impatto del mondo tecnologico.
La musica del quartetto di Pittsburgh tende ad annullare i confini tra i vari generi di riferimento, destabilizzandoli con scelte anarchiche e piglio oltranzista. Così, mentre in “Blooming Amygdala” accelerano e collassano tra schiamazzi, urla e stridori elettrici, “Horizontal Key Vertical Gate" propone black-doom dell’iperspazio, devastato da digressioni pazzoidi e chiusa da soundscape alieni.
“E-Waste”, il brano più lungo (otto minuti e spiccioli), è invece muscolare e compatto nel suo svolgimento febbricitante, e viene dapprima scosso da accelerazioni fulminee, per poi essere teletrasportato in una dimensione parallela, dove aleggia una drone-music delle sfere celesti. In coda, esplodono quindi le compressioni e i tourbillon terroristici di “Ceremony Of Dust” e una “Pestiferous Disease Vectoring” che scioglie la sua rabbia in una foschia digitale.
14/12/2015