E così ecco il bjork-ismo noir, che ricorda un po’ i Timber Timbre, del singolo di lancio, “Keepsake”, che torna poi nelle tinte jazz-gotiche di “Queen Of Ice”. Si avverte però una costruzione, per quanto raffinata e anche gradevole, davvero troppo priva di sostanza, questa volta davvero guidata da artifici di produzione e arrangiamento che risultano molto distanti dalla sostanza cantautorale dei pezzi.
Per il resto il disco, a parte l’abbozzato, disarmante electro-pop di “I’ll Fake It”, si svolge su lentissime ballate a base pianistica (anche se spesso è abilmente nascosta in uno smagliante tessuto onirico, come in “Lilacs”), per le cui interpretazioni vocali la Bella Union si spinge a evocare i nomi di Harriet Wheeler (Sundays) e Karen Peris (The Innocence Mission): a voi il giudizio.
(23/03/2015)