Kenny Knight

Crossroads

2015 (Paradise Of Bachelors)
country, folk

Nella vita di ognuno di noi sono presenti delle canzoni o degli album che custodiamo gelosi, quasi felici che non siano presenti nelle sempre più innumerevoli liste dei migliori dischi di tutti i tempi. Ora che la condivisione impera nel linguaggio e nella comunicazione sociale, anche queste reticenze stanno crollando, cominciamo a riscrivere la storia della musica partendo dalla nostra, nella speranza che diventi quella comune.
Abbiamo sdoganato tutto: il pop-kitsch, la disco, perfino Sanremo e Raffaella Carrà; eppure ci sono ancora spazi per portare alla luce opere sconosciute o amate da pochi fortunati.  

Lewis, Rodriguez, e David Kauffman sono solo gli ultimi anelli di una catena destinata a essere ancora più lunga e assortita. Tra le innumerevoli riesumazioni, quella della Paradise Of Bachelors spicca per buon gusto e qualità, “Crossroads” di Kenny Knight è un documento prezioso di quello che avveniva dietro la scena rock americana.
Tra una performance dei Grateful Dead o dei Jefferson Airplane, e un album di cantautori politicamente impegnati come Gram Parsons o Jackson Browne, si nascondevano autori dal tono più confidenziale e privato, dove era prevalente il racconto delle proprie esperienze di vita. La meno rilevante valenza sociale e storiografica ha tenuto nell’ombra innumerevoli artisti, ovviamente questa loro minor fortuna non è necessariamente un sinonimo di qualità, come non lo è nella sua accezione negativa.

Unico album dell’ex-marine, famoso più per la sua attività di verniciatura-pittura di auto che non per il suo trascorso di musicista, “Crossroads” è visibilmente influenzato dal fervore musicale dei Seventies, il giovane Kenny amava ascoltare Buffalo Springfield, Allman Brothers e Jimi Hendrix, aveva una cugina musicista (Sylvia del duo Ben & Sylvia), e vantava un importante concerto per la candidatura di Nelson Rockefeller a presidente degli States, con una garage band dal nome profetico di Black Flag.
Non è difficile comprendere il mancato successo dell’album, il suono era grezzo e spontaneo nonostante corresse l’anno 1980, quando la musica era già vittima della magniloquenza dell’hi-fi e della iperproduzione tecnica. Le pulsioni country honky-tonky sono figlie del primo Gram Parsons e le scorribande chitarristiche hanno il profumo dei Grateful Dead di “American Beauty” o “Workingsman Dead”, nessuna concessione al suono radio-friendly che imperversava nel country-rock di quegli anni.
Alle sonorità grezze e naturalmente gustose si aggiunge anche una buona scrittura che alterna canzoni più semplici e immediate, a brani più complessi e ricchi di intuizioni melodiche molto raffinate ed evolute.

Bastano in verità i primi due brani dell’album per apprezzare la musica di Kenny Knight, alle evoluzioni chitarristiche alla Allman Brothers della vivace “Does He Hide”, fa da contraltare la pregevole tessitura alla Tim Hardin di “One Down”, qualsiasi reticenza è subito annullata dalla loro brillante intensità, ed è solo l’inizio di un rinfrescante viaggio per le nostre orecchie.
“Carry Me Down” potrebbe uscire da un qualsiasi capolavoro degli anni 70, confondendo la memoria degli addetti ai lavori, e l’avvolgente e delicata psichedelia di “Jean” non sfigurerebbe in un album di outtake di un giovane Tim Buckley.
Lo stile twang di Kenny Knight amplia il fascino vintage (in questo caso naturale e non posticcio), la malinconia è più figlia dell’indolenza e della non eccessiva messa a fuoco del lirismo, le canzoni suonano come avvolte in pioggia o nebbia. Le sonorità quasi psichedeliche di “To Be Free”, il rock’n’roll-boogie di “Baby’s Back” o l’atmosfera southern di “Whiskey” si incastrano con candore e fascino senza suonare stucchevoli.

“Crossroads” non riscriverà la storia della country music, ma riuscirà a trovare spazio in quella meno rilevante, ma comunque importante, dei beautiful losers.

12/07/2015

Tracklist

  1. Does He Hide
  2. One Down
  3. All My Memories
  4. Carry Me Down
  5. Jean
  6. To Be Free
  7. Baby’s Back
  8. You Can Tell Me I’m Wrong 
  9. Whiskey
  10. America




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