Lone Wolf

Lodge

2015 (SNWF)
alt-folk, alt-pop, soul-folk

Lodge: un alloggio, un luogo di passaggio, di fortuna, anche se si tratta di un resort tra le montagne, che della temporaneità ha solo il flusso continuo e irriconoscibile di visitatori. È interessante come si possa ambientare questo “Lodge” sia nell’una che nell’altra scenografia, colonna sonora delle facce sornione di Harvey Keitel e Tony Servillo in un caso, o dei microtoni della propria anima nell’altro.
Paul Marshall ha scelto di intitolare questo ultimo disco a nome Lone Wolf secondo lo studio di registrazione preferito, “The Lodge” di Bridlington appunto. Un canto del cigno che non è più supportato dalla Bella Union, ma da due appassionati americani, che hanno deciso di pubblicare “Lodge” a loro spese.

Torna insomma da vero outsider, Lone Wolf, con un disco suonato per sottrazione, ricco non solo del fascino sofisticato degli ultimi Elbow e Bell X1, ma anche di una forte urgenza espressiva, dimostrata dall’assoluta estemporaneità di questo lavoro. Tra scuri, notturni lamenti soul (“Crimes”), la scrittura di Marshall emerge con decisione, in una sorta di “Boxer” più direttamente personale, in cui basso e pianoforte dettano un panorama di smarrimento (“Get Rough”).
In questa travagliata quiete (“Taking Steps”) il mondo sembra sbirciare da fuori un uomo in auto-isolamento forzato, e la confessione racchiusa in “Lodge” sembra davvero una liberazione, come rinchiudere le proprie cadute nell’ambra, per ricordarle da lontano.

Nonostante il colorito supporto della tromba di David Wärmegård, non ci sono però momenti davvero memorabili, purtroppo. Lone Wolf arriva così a una fine indolore ma appassionante, e chissà cosa c’è ora, sotto la maschera, in Paul Marshall.

07/06/2015

Tracklist

  1. Wilderness 
  2. Alligator 
  3. Crimes 
  4. Give Up 
  5. Mistakes
  6. Mess
  7. Taking Steps 
  8. Art Of Letting Go 
  9. Get Rough 
  10. Token Water 
  11. Pripyat

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