Co-fondatore della Merge Records, Mac McCaughan è uno dei pilastri della storia dell’indie-rock americano, non solo per le avventure con la band dei Superchunk, ma anche per il suo ruolo nel successo di due delle realtà più importanti degli ultimi trent’anni, ovvero i Nirvana e gli Arcade Fire.
Quello che ha sempre caratterizzato la produzione artistica del gruppo californiano, fino all’ultimo capitolo del 2013 “I Hate Music”, è stata la sua capacità di restare fuori dai cliché del genere: difficilmente la banalità e il mestiere hanno contaminato la loro produzione in 25 anni di attività, con una serie di album sempre amabilmente essenziali e mai pretenziosi.
“Non-Believers” è il primo disco solista di McCaughan, anche se non va dimenticato che la sua formazione collaterale ai Superchunck, i Portastatic, nacque come solo-project prima di evolvere in una open-band.
E’ un progetto più intimista e personale “Non-Believers”, un album tematico che esplora le ambiguità e le frustazioni dell’essere giovane e ribelle, il passato diventa materia prima per una serie di canzoni introverse e a volte impacciate, insicure.
L’ottimismo e l’euforia hanno fatto posto alla disillusione, tra cascate di synth e un minimalismo espressivo che evoca il nichilismo delle band elettroniche del post-punk. La narrazione emotiva è quasi asettica e disperante, tutto quello insomma che Mac McCaughan ha tenuto sottotraccia nei Superchunck.
Riff, feedback e armonie ricche di energia non mancano, il power-pop fa però spazio alla new wave anni Ottanta con eleganza e disinvoltura, anche se il risultato d’insieme non ha la stessa forza delle premesse e del passato del musicista.
Brani come “Come Upstairs”, “Mystery Flu” e “Box Batteries”, infarciti di synth-pop, fanno a pugni con la forza mesmerica di “Lost Again” e “Our Way Free”, due canzoni che farebbero la fortuna di tutte le moderne indie-band, e una pop-song come “Only Do” riporta l’orologio della musica americana indietro di almeno venti anni, quando i Cars indicavano la strada a molte formazioni coeve.
“Non-Believers” nonostante tutto non riesce a mettere a fuoco fino in fondo il suo volontario dualismo, lasciando leggermente confusi, anche se le perplessità sono spesso fugate da canzoni intense come “Real Darkness”, un dream-pop che avvolge e travolge ricordandoci tutta la grandezza di McCaughan, un musicista che alla veneranda età di 48 anni conserva quella spontaneità e quella verve naif che personaggi come Robert Smith e Bono Vox hanno smarrito da tempo, facendo suonare il suo primo album solista come il capitolo di una nuova intrigante avventura.
20/08/2015