NHK

Program

2015 (LINE)
abstract-techno

Kouhei Matsunaga è uno dei tanti allievi di Merzbow che col maestro ha avuto a che fare in svariate occasioni, innamorandosi del suo folle estremismo rumorista fino ad averne pieno lo stomaco. Poi, smaltita la sbornia, ha di fatto abbandonato quella via, svoltando verso il minimalismo astratto. Prima la collaborazione con Asmus Tietchens, poi lo splendido incrocio con l'Autechre Sean Booth e con Mika Vainio. Nel mezzo l'amicizia col giovane Toshio Munheiro, la nascita della creatura condivisa NHK (sigla poi riciclata con varie aggiunte per side project solisti di Matsunaga, NHK'Koyxen su tutti) e la toccata e fuga in casa raster-noton – furono loro a inaugurare la benemerita serie degli “Unun”.

In fuga dal raster-sound per un interesse forse troppo marcato nei confronti dell'estetica, ecco i due accasarsi presso la LINE di Richard Chartier e tirare fuori quello che è sostanzialmente il disco che Bretschneider cerca di fare (senza riuscirci) da un cinque anni buoni. Un glossario teorico ai minimi termini dell'estetica abstract-techno e delle sue deviazioni ultime che proprio nel Sol Levante hanno visto in gran parte la luce. E allora sia il gusto weird-house di Kyoka che le alienazioni di Aoki Takamasa e le squadrature trip degli Emptyset vedono qui riunite le loro componenti-base, quegli elementi fondativi che i soli Alva Noto e Byetone sono riusciti in parte a trasvalutare.

Da qui a parlare di un lavoro riuscito alla perfezione, però, ne passa. Momenti inutili come la masturbazione mentale nel vuoto di “Ch4”, il funerale per un frequenzimetro impazzito di “Ch7” e il gioco (tutt'altro che divertente) con le basse frequenze di “Ch9” sembrano essere lì apposta per ricordare che perdere il bandolo della matassa è un rischio sempre dietro l'angolo in questo tipo di operazioni. Ma per tre fallimenti clamorosi ci sono a compensare altrettante lezioni di stile, vale a dire la trance prosciugata di “Ch5” (l'ultimo Senking avrebbe di che imparare), il grigiore metropolitano di “Ch6” (si legga: prendi il Delay di “Tummaa” e rendilo anemico) e la gelida apocalisse dub di “Ch10”.

È bene specificare che si tratta di vivisezioni sonore esaurite in gran parte a livello teorico, e dunque lontane anni luce da una completezza artistica. Ma se c'è una modalità in cui una simile tecnica chirurgica può avere senso, di sicuro è quella (qui adottata) di operare su materiale sonoro vivo e sostanziale, e non su traduzioni in suono meccaniche e necessarie di concetti puramente formali. Proprio in questo modo una scarnificazione del luogo comune house come “Ch2” può apparire sensata anche al dì fuori del suo principio teorico. Un “miracolo” che comunque riguarda solo la metà del materiale contenuto nel disco. Che, nonostante questo, non può non dirsi superiore alla media.

23/02/2015

Tracklist

  1. Ch1
  2. Ch2
  3. Ch3
  4. Ch4
  5. Ch5
  6. Ch6
  7. Ch7
  8. Ch8
  9. Ch9
  10. Ch10

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