Poteva diventare la seconda novità di rilievo del 2015 proveniente da quell'oscuro (s)oggetto che è il pianeta Russia. Nei fatti, dopo l'apprezzato terzo lavoro dei
Motorama, sdoganato gruppo post-punk di Rostov, ecco spuntare questo “Ravine”, già tra i dischi dell'estate per più d'una testata del settore elettronico. Tuttavia, l'effetto ha coinvolto, con molta probabilità, solo gli addetti ai lavori (la setta dei dj!), ma questa sarebbe tutto fuorché una novità: per ora sono poche le informazioni sull'artista, distribuito, in “Occidente”, da Juno Recs.
Titolare del brand Nocow è il “compagno” Alexey Nikitin, omonimo di un fisico teoretico e di un calciatore dell'Amkar Perm, squadra del massimo campionato russo,
producer e
deejay che, sebbene sia residente a San Pietroburgo, possiede un
background che suona molto Uk o dintorni di Detroit. Alle spalle un bel po' di materiale, sparso su varie
netlabel europee: “Ravine” dovrebbe essere la sua sesta produzione “lunga”, tra Ep e
full length.
La (quasi) mancanza di estro dell'artista passa in secondo piano grazie a una prova di grande mestiere, nella quale una memoria ferrea e l'ottima sintesi sugli elementi rielaborati danno come risultato un album dalle sonorità godibili, nonostante l'impostazione verta su materiale di riciclo, ormai vecchio di vent'anni (la materia sonora se ben trattata non invecchia mai...).
Si avverte, soprattutto, una mano esperta quando si tratta di (ri)maneggiare i suoni creati, a suo tempo, dai mostri sacri dell'Idm:
Black Dog,
Plaid,
Aphex Twin, soprattutto
Autechre: la traccia "Chernaya Lachta" è un tributo, virtuale ed emozionante, al periodo aureo (e ancora umano) del duo di Rochdale e rappresenta indubbiamente l'apice dell'intero nuovo lavoro.
Alexey convince anche quando sposta la sua ricerca in territori più “clubbari”, esibendo una techno dalla precisione chirurgica, alla ricerca dell'intreccio perfetto dei ritmi, nello sforzo di far collimare i rumori con la melodia; nel mentre, cerca di dare un pizzico d'irresistibilità e di instillare una dose massiccia di danzabilità: quest'ultima una qualità troppo spesso presa sottogamba, se si pensa che questa musica è (era) stata concepita principalmente per il ballo.
I brani, almeno in queste versioni, non si dilungano inutilmente e la durata totale raggiunge la mezz'ora, dando lezione di snellezza e fruibilità ai colleghi west-europei, abituati a sfornare opere electroniche colossali. L'elegante copertina bianca del vinile - in uno stile grafico minimale - è uscita in quattro diverse versioni (edizioni rigorosamente limitate), serigrafate a mano in altrettanti colori.
Un disco, di sicuro, non indispensabile, ma che serve ad allargare l'orizzonte su un “altrove” dalle potenzialità enormi. Di fatto, il gigantesco paese post-sovietico rimane un punto interrogativo musicale, ancora una volta troppo isolato, e non solo a causa delle gravose sanzioni economiche imposte dagli sceriffi americani (ed europei), ma in virtù di Dio solo sa quale cortina di ferro sonora, la quale sembra funzionare però a senso unico: per quanto ne sappiamo, la musica del resto del mondo entra nel territorio russo sempre più agevolmente, complici la tecnologia e la Rete, mentre continua a essere limitata la circolazione, fuori dei confini nazionali, di artisti, progetti, band o qualsiasi altra cosa, diversa dagli invece numerosi e quotati ensemble di musica classica.
20/07/2015