Rita Tekeyan

Manifesto Anti-War

2015 (Rosa Selvaggia)
gothic, dark

"War Sucks" gridava nel 1967 Mayo Thompson degli storici Red Crayola. La musica che si impegna contro la guerra parte da molto lontano e - negli anni - ha trovato mezzi e percorsi differenti per comunicare questo sentimento, a volte rabbioso, altre volte intriso di rassegnazione. Una cosa che balza agli occhi ascoltando questo mini-cd, esordio della giovane musicista italo libanese Rita Tekeyan, è che ciò che Rita vuole trasmetterci viene da quello che lei stessa ha vissuto in prima persona.
Di origine armena - uno dei popoli più perseguitati della storia, vittima di un olocausto troppo spesso dimenticato - nata in una Beirut segnata dalle ferite della guerra, ormai stabilitasi da anni in Italia, Rita ha dietro un forte vissuto che le permette di descrivere in modo autentico l'orrore della guerra, senza distiguere tra guerre giuste o sbagliate. L'ispirazione per "Manifesto Anti-War" nasce quindi dalla propria esperienza di vita, dai racconti di coloro che hanno visto con i propri occhi cosa vuol dire vivere dal di dentro quello che noi siamo abituati solo a vedere distrattamente in tv.

Lo strumento usato è quello un connubio perfetto tra piano e voce, creatore di un'ambientazione gothic-dark - ottenuta anche grazie alla collaborazione dei Vidi Aquam (Nikita ai synth e Fabio Degiorgi al basso) - che rimanda a mostri sacri come la tedesca Nico o la greca Diamanda Galas. Ma senza voler scomodare icone tanto ingombranti, che Rita Tekeyan avrà certamente ascoltato sino ad apprenderne ogni nota, ci si deve concentrare sui punti di rilievo di questo Manifesto. Quella contro la guerra non è una rabbia distruttiva e violenta, pronta per una nuova "guerra giusta"; come aveva già fatto la musica dark delle origini, la rabbia violenta lascia il posto a elaborazioni intimiste, a una rappresentazione macabra e oscura che - come in uno specchio - descrive la violenza umana e una intima e disperata rassegnazione. Non urla ma sussurri, non sentimenti di vendetta ma pacate riflessioni, non toni minacciosi ma poesie di Baudelaire o testi del nonno paterno Avedis Tekeyan.


Il mini-cd inizia con i synth di "La Mort Des Amants" che accompagnano una poesia di Baudelaire. Successivamente sono il piano e la voce a prevalere; "Green Line" descrive la linea che separava le due Beirut Est e Ovest durante la guerra. Ma il primo brano davvero imponente è il successivo "Yes Kou Aperet"; Rita legge i testi del nonno paterno - poeta e scrittore - ma la voce perde gli aspetti eccessivi di "Green Line" per diventare davvero sussurro disperato, pianto carico di poesia e di dolore. Il piano minimale e ripetitivo insieme alla voce che alterna parlato e vocalizzi segnano forse il momento più alto e quasi "religioso" dell'album. “Deep Dark Well” continua su percorsi simili fino al finale in cui la voce straccia i precendenti toni riflessivi.
In chiusura troviamo il secondo grande brano, la title track, che in sei minuti sintetizza tutta la poesia precedente; le note di piano si riducono all'osso, il basso quasi scompare; tutto è sospeso in un mood etereo e sofferto su cui Rita Tekeyan può spaziare, alternando toni più o meno accesi.

19/03/2016

Tracklist

  1. La Mort Des Amant 
  2. Green Line
  3. Yes Kou Aperet 
  4. Deep Dark Well
  5. Manifesto Anti-War


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