Due anni dopo, i due tornano a imboccare la strada maestra della loro ricerca, quella percorsa negli anni precedenti all'approdo su Denovali e solo parzialmente abbandonata in quel "Gottes Synthesizer" eletto unanimemente loro "disco della maturità". Dunque, pattern più oscuri e bionici, un legame più saldo e reverenziale con l'epopea seventies. Poco spazio, invece, per luce e organicismo, in un soundscape macchinale e dominato in ogni dove da elegie analogiche.
La marcetta in seno ai Neu! di "Urlaub Unter Psalmen", il passaggio proto-pop di "Im Lichtorgelparadies" e l'evanescente "Sing Die Apokalypse" paiono voler mostrare che i due non hanno perso il tocco umano, mettendo in scena quasi un riavvicinamento con linguaggi più diretti e sentiti.
Ma il clima da science-fiction d'altri tempi tende in realtà a uniformare l'intero lavoro, al punto tale da far passare quasi in sordina la ritmica inusuale (quasi in stile Paradinas!) di "Karfreitagskarpfen Und Dolce Vita", a conti fatti il pezzo più riuscito del lotto.
Per il resto si procede di comeback più o meno puri all'epoca d'oro della synth music, dal balletto livido di "Beten, Tanzen, Küssen" (Roedelius docet), a frammenti più spiccatamente a-la-Star Trek quali "Wo Es Immer Regnet" o "Ich Bau Dir Ein Museum", passando per apici sinistri da puro viaggio nello spazio come "Der Himmel Ist Vol" e "Die Tragische Nummer". Un inno alla nostalgia comunque superiore alla media dei tanti che si sentono in giro, figlio di due artigiani del revival synth-kosmische le cui capacità non sono certo in discussione. Ma, stavolta, nessun miracolo.
(09/03/2015)