Verdena

Endkadenz Vol. 2

2015 (Universal)
alt-rock

Il sapore è quello malinconico della fine di un’epoca: aspirare alle convinte abrasività di un tempo attraverso l’acquisita maturità, evitare che tutto sfoci in un prematuro tramonto, sentire l'esigenza di rigenerarsi in maniera originale e personale verso nuovi lidi. Il gusto per la prolissità, che già fu di “Wow”, il non saper rinunciare a mettere troppa carne al fuoco, alla fine genera mal di pancia: meglio quando (e penso in particolare a “Il suicidio del samurai”) si selezionavano gli undici pezzi migliori per relegare il resto a Ep poi divenuti di culto.
C’è spiazzamento iniziale, occorre entrarci dentro, ma con la giusta dedizione, assegnando tempo e attenzione all’ascolto, molta più rispetto a quanto richiesto da altri lavori del trio bergamasco, ecco concretizzarsi tante soddisfazioni. E questo, di nuovo, per la settima volta, possiamo dirlo, è un disco di cui i Verdena possono andare fieri.

Il secondo volume di “Endkadenz” giunge a sette mesi dal precedente, per volere della major Universal che non se l’è sentita di pubblicare subito un doppio, le session sono le medesime, e ne esce complessivamente un’opera monumentale, di quelle che oggi non vuole più nessuno e che, soprattutto le giovani generazioni, digeriscono a fatica. I Verdena ci sguazzano da morire nel proporre l’improponibile, e risulta inevitabile chiedersi (e sono in molti a farlo sui social): ma è una band che non scende a compromessi, oppure fanno finta perché questo è il ruolo che è stato loro assegnato dall’industria musicale?
Ma la risposta ci interessa davvero? Oppure possiamo “accontentarci” di vivere l’ennesimo gran bel disco di una formazione in grado di costruire nel tempo un filotto pazzesco, che pochissimi altri musicisti possono vantare nella storia del rock alternativo italiano?

In confronto al Volume 1, questo secondo “Endkadenz” risulta più “cattivo”, più aspro, con indosso un’elettricità tagliente che non riesce a placarsi, se non per brevi tratti. Meno carezze e il fuzz quasi sempre in modalità ON, persino la voce di Alberto è costantemente effettata, alla ricerca di scenari espressivi inediti. A partire dal micidiale attacco di “Cannibale”, una canzone brillantemente (e ci piacerebbe poter dire “finalmente”, sempre che i ragazzi non ne abbiano a male) “normale”, in bilico fra riff selvaggi, coretti e ritornelli catchy, “normale” per un gruppo che ama condire i propri pezzi di “stranezze”, per renderli inusuali e imprevedibili.
“Dymo” è l’altra faccia della medaglia, parte con un pianoforte, avvolge e colpisce al cuore, strutturandosi in una forma complessa che sfocia in una memorabile coda strumentale che sa del Battisti più sperimentale (!). “Colle immane”, subito dopo, torna a picchiar duro, così come “Caleido” e le due parti di “Fuoco amico”, tante asperità elettriche come non se ne sentivano dai tempi di “Requiem”. Le morbidezze arrivano sotto forma delle dolcissime “Identikit”, “Nera visione” e “Lady Hollywood”, mentre l’epilogo prende le sembianze di “Waltz del Bounty”, decisamente più rassicurante della “Funeralus” che chiudeva il primo capitolo.

In realtà, più che soffermarsi ad analizzare i singoli episodi (anche se tutti degni di approfondimento), il doppio “Endkadenz” andrebbe preso e metabolizzato nella sua interezza, da vera opera enciclopedica, intercettando con pazienza tutte le trame musicali nascoste sotto gli strati sonori e individuando gli strumenti utilizzati, e ce ne sono anche di inusuali. Un lavoro più agile, scegliendo magari le 15-16 tracce migliori, sarebbe stato raccomandabile, e forse avrebbe rasentato il capolavoro, ma il vero problema (o il pregio, fate voi) risiede nella consapevolezza che ora, con questa valanga di nuove canzoni, i Verdena hanno detto davvero tutto quello che avevano da dire, sia in parole che in musica.
Resta pertanto difficile aspettarsi nuove mosse che siano scevre da repentini cambi stilistici, occorrerà rigenerarsi per evitare di ripetere sé stessi, fare in modo che la fine di un ciclo artistico dia lo slancio giusto per sorprendere di nuovo in futuro, proseguendo quel percorso che li vuole concentrati su un metodo di scrittura che non ha eguali. Ci riusciranno?

02/09/2015

Tracklist

  1. Cannibale
  2. Dymo
  3. Colle immane
  4. Un blu sincero
  5. Identikit
  6. Fuoco amico I
  7. Fuoco amico II (pela i miei tratti)
  8. Nera visione
  9. Troppe scuse
  10. Natale con Ozzy
  11. Lady Hollywood
  12. Caleido
  13. Waltz del Bounty

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