Cordas, l’ensemble della cantante veneta Alessia Obino, si è venuto a costituire e plasmare dopo anni di esibizioni live: Dimitri Sillato (violino elettrificato), Giancarlo Bianchetti (chitarra), Enrico Terragnoli (banjo e podophone). Il loro primo “Deep Changes” è quasi interamente dedicato alle cover, ma con una concezione spesso sbalorditiva, al di fuori dei normali rifacimenti di standard jazz e anzi plasmati come un lattice (ma a togliere più che ad arricchire).
Ciò vale essenzialmente per i brani maggiori di 10 minuti. La semplice “The Saga Of Jenny” di Kurt Weill si trasforma in un honky-tonk che attacca con un clima glaciale (sorta di “Inverno” di Vivaldi liofilizzato e rallentato dall’elettronica), diventa rarefazione assoluta in un recitativo da camera, sprinta appena in un doppio assolo di violino snervante e poi di banjo e chitarra distorta, e si chiude con gli strumenti che simulano un “fiatone” collettivo.
“Sue’s Changes” (di Mingus) si squaglia in una narcolessia incantatrice di banjo e chitarra, sempre più dilatata fino alla stasi e al silenzio, tra il Tim Buckley più impressionista e l’Annette Peacock più disgiunta, e riemerge in un rituale di suoni stregati. “Hard Times Killing Floor Blues” (Skip James) diventa un delirio Grace Slick-iano sostenuto da una chitarra degna di Ry Cooder, perso poi in un solenne intensificando africano.
Almeno due trovate intelligenti che danno il quid al tutto: l’assenza della batteria e il wah-wah di Bianchetti. Di certo si apprezza la maestria della cantante, che a volte s’immedesima nel brano interpretandolo al di fuori delle liriche originali, con versi e vocalizzi, e viceversa a volte creando per l’occasione delle liriche ex-novo. Un solo originale, “Nightime”, curiosa fantasia honky-tonk irregolare e sfasata che a metà s’ipnotizza in un salmo cameristico più austero di Enya, e alcuni buoni momenti anche nei brani brevi (“Deep Henderson”, sordido espressionismo urlante, “Hong Kong Blues”, intermezzo acido-psichedelico, una buonissima reinterpretazione del classico di Carmichael). Fosse di soli originali, sarebbe un capolavoro. Ospiti, entrambi in “Hard Times Killing Floor Blues”: Reda Zine al guembri (cordofono originario del Gwana) e Danilo Mineo alle percussioni.
15/01/2017