Tomorrows

Prodotto da Aidan Foley (già alla corte di My Bloody Valentine e Whipping Boy), l’esordio del gruppo irlandese è una delle sorprese di fine anno.
Tre chitarre (Conor Deasy, Jethro Pickett e Ben Shorten), basso (Michael Murphy) e batteria (Ciaran Fortune) sono alla base di un album dal fascino immediato e limpido, che ripercorre senza incertezze o mancanza di personalità le stesse strade dei pionieri del pop, del beat e della psichedelia (Beatles, Kinks e Pink Floyd) che sconvolsero Londra.

“Another Life” non è solo l’ennesimo capitolo del revival psichedelico che da anni domina parte della scena indie. I Tomorrows si distinguono per una notevole qualità della scrittura e degli arrangiamenti e per uno spirito neo-pioneristico a tratti naif e fragile.
L’irresistibile refrain della title track mette subito in evidenza le peculiarità del gruppo: un lirismo netto e un suono maestoso nonostante l’esigua struttura strumentale. Solo “Circle” cede per un attimo alle prerogative dell’indie-rock, mentre il resto si divide tra ballate psichedeliche alla Beach Boys era “Pet Sounds” (“Reins”) e fulgido pop dall’elaborata e raffinata struttura (“Golden Lion”).

Gli arrangiamenti non sovrastano mai le linee armoniche, che fluttuano libere e gioiose accarezzate da mellotron e organo (“City Like A River”) o da scampoli beat in chiave post-moderna (“Ricochet”), confluendo nell’attesa e ipotizzabile ballata pinkfloydiana (“Retrospective”).
Il parto di “Another Life” non è stato facile o immediato, l’album è stato completato in ben nove luoghi diversi e la band ha anche perso per strada uno degli elementi, ma l’obiettivo è stato raggiunto senza compromessi o incertezze.
L'esordio dei Tomorrows è una delle migliori rappresentazioni delle prerogative dei primordi della musica pop, un disco destinato a lasciare una traccia indelebile nell’affollato scenario contemporaneo.

02/01/2017