Seguendo il modello del mediamente ambizioso “Argonauta” (2014), il livornese Nicola Sambo per il seguito “Ognisogno” scioglie il nick N_Sambo e prosegue sulla felice china del cantautore, o, meglio, dell’arrangiatore di canzoni.
Da una parte vi sono pattern semplici di pianoforte (Davide Morelli) che vedono un autore ancor più posato (sanremese, se si preferisce) partorire ballate come “Arrivederci mai” e bagattelle miste a canti di chiesa come “Santa Giulia”, oltre all’estatica “America isterica” che fiorisce in un raspante assolo-feedback di chitarra. Dall’altra, i suoni riverberati confermano la direttrice della sperimentazione subliminale e danno luogo a pezzi (letteralmente) fantasmagorici come “Al mio risveglio”, e due strumentali basati su voci spettrali e ipnosi vocali, il boogie di “Eurasia” e “Proprio tu”, con scie di sirene e scarabocchio di chitarra dissonante.
Anche se frenato e ingabbiato da liriche in rima in stile Francobeat e Dani Male, che comunque attingono dal dadaismo infantile di Gianni Rodari e si rafforzano in una pronuncia scandita e rapsodica vagamente reminiscente di Giovanni Ferretti, ha tocco psichedelico, scatto e una piacevolezza tutta sopraffina di produzione. Ma non basterebbe se non ci fosse un pezzo a staccarsi da tutto e allo stesso tempo a rimanere coerente, “La stazione”: tempra new wave, versi liberi di pugno dell’autore, canto filtrato, vapori cacofonici, sax e piano free-jazz. Disco breve, commovente.
28/09/2016