Rock in opposition e Italia sono un connubio da sempre prolifico di band e artisti che hanno vissuto dal profondo la missione più autentica degli ideali davvero in “opposizione” alle regole delle multinazionali dell’industria musicale. Basti ricordare che - dal punto di vista cronologico - la prima band facente parte del movimento fondato dagli Henry Cow è proprio quella degli italiani Stormy Six, attivi fin dal lontano 1965 e aderenti al RIO nell’anno stesso della sua nascita, nel 1977.
Tra le tantissime band che si sono avvicinate alle complesse sonorità tra il jazz-rock, il RIO, l’avant-prog e certi richiami di Canterbury, ci sono i bolognesi Accordo dei Contrari, attivi fin dal 2001 e autori quest’anno del loro quarto album in studio, “Violato intatto”. Con una line-up formata da Giovanni Parmeggiani (tastiere), Cristian Franchi (batteria), Marco Marzo (chitarra) e Stefano Radaelli (sax), il quartetto si pone sulla stessa strada del jazz-rock canterburiano più dinamico, in stile Soft Machine senza Robert Wyatt, Nucleus di Ian Carr o Hatfield And The North.
Padroni di una tecnica a dir poco invidiabile, già autori di collaborazioni con Richard Sinclair dei Caravan, ospite nel loro secondo album “Kublai” (2011), i bolognesi si pongono in quella stretta nicchia di musicisti coerenti che esplorano quel territorio a metà tra jazz e rock. Non mancano anche altre gradite influenze, come il blues scarnificato di “Blue-S” - che suona come un brano di Robert Johnson suonato dai Caravan - o l’avanguardia concreta di “Marienkirche”. Ma è nei vertiginosi inseguimenti strumentali che gli Accordo dei Contrari trovano la loro vera identità; dalle scorribande di “Folia Saxifraga” o di “Shamash” al jazz-prog di “Monodia” fino al simil space-rock alla Ozric Tentacles di “Eros vs Anteros”. Chiude la title track con un inizio da minimalismo ripetitivo in stile Terry Riley per sconfinare in un nuovo assalto jazz-prog.
04/12/2017