Dimostratisi rampolli diligenti della wave italica più oltranzista, da Cccp a Disciplinatha, con “Musica per cefalopodi e colombi selvatici” (2014), i piemontesi Band Bunker Club ritornano con “È da troppi giorni che non prego”.
E proprio come per le svolte pop dei maestri storici, anche la presente Band già si accomoda nel synth-pop. La loro furia si ode ancora solo in “La caduta” e in “Aufklärung?” (che però ne è copia conforme), un oracolista militaresco con sembianze di rapper, arringato da droni elettronici.
Sono davvero le eccezioni. Per quanto chic e ottimamente rifinite, troppe canzoni si affidano a un battito disco che mima sia i tardi Baustelle che il tardo Vasco Rossi (“Tra noi e l’eterno”, il pezzo eponimo, “Il nostro incontro”, “Fare a meno di me”, la ballata finale “Una certa fortuna”). Solo “Immagini di me e di te” trova un buon equilibrio tra melodismo e nevrosi (versi che si ripetono come mantra, refrain trasfigurato, poliritmi); la segue di buon grado “Quando tutto riaccadrà”, una ballata pensosa al pianoforte accesa dallo scatto drum’n’bass.
Ridotta al duo Francesco Casabianca-Elisabetta Morando, ma sempre con la performer Irene Icardi in pianta stabile, la Band prosegue il suo discorso sul mondo indovinando qualche lirica metafisico-nichilista. Netto il clima rinunciatario (lo esplica bene un verso: “Ci hanno rubato il fuoco dagli occhi/ per dirci: non pensate!”) per l’abiura in favore di dediche sentimentali. Suoni hi-tech a profusione: mentre aggradano l’orecchio, mascherano canzoni gravate da un certo disordine. La breve durata - neanche trenta minuti - è al contempo benedizione (tocco di saggezza e umiltà) e maledizione (artistica).
04/07/2017