La prima incarnazione della riminese Elisa Genghini come musicista è alla testa degli Elymania, di cui non esistono che registrazioni in forma di demo. A nome proprio debutta propriamente con l'Ep semiacustico e ancora convenzionale "Le briciole del pasto consumato" (2011). Il primo disco lungo "Catturarti è inutile" (2013) ne è sostanzialmente una prosecuzione, ancora a tutto spiano sul sentimento amoroso, che annovera la dedica di "Canzone nella buchetta", ma anche la frenetica autoconfessione "Il demolitore".
Il secondo "Fuorimoda" è prima di tutto maestoso veicolo della propria agrodolce inquietudine. Dunque, "Ilaria" è ritratto crepuscolare a mezza voce, una perfetta introduzione al programma. Quindi viene di certo "L'altra donna", vibrante alla Melissa Etheridge, forte di un fugato di canto sdoppiato e formule ripetute, e "Il giorno durante", epica e commossa, un motto in progressione.
Brava a ribadire stile e concetti senza scadere nella ridondanza, Genghini organizza anche un'arringa Patti Smith-iana a passo marziale come "Terra desolata". Ultima inquietudine è "Ukuleleliebeslied", giustamente la più spettrale e nuda. Nel mezzo comunque l'autrice si prende degli svaghi metafisici, la parentesi semiseria di "I meccanici" e il gaudio rurale di "Vaffanvalzer".
Maturità raggiunta per un'artista con la primaria indole di romanziera - debutto con "Volevo sposare Kurt Cobain" (2007), che ha anche un sequel, "Sposerò Manuel Agnelli" (2017) - un'età adulta esposta all'ascoltatore anzitutto togliendo di mezzo filtri modaioli, e poi, soprattutto, insaporendo gli arrangiamenti. Tra le suggestioni spiccano, perché più pimpanti, i balli sudamericani. Qualche canzoncina pruriginosa ancora non all'altezza ("Sebastian", "Vaffanvalzer", "Signorina Mocio", "Violata") ma, tra queste, v'è un bocconcino di geniale ironia, "Paletto dell'amicizia", pizzica di scioglilingua scandita ritualmente da scacciapensieri e triangolo.
02/06/2017