Ethan Gruska

Slowmotionary

2017 (Sire)
songwriter, indie-folk
5.5

Archiviata la precedente esperienza con la sorella maggiore nei Belle Brigade, Ethan Gruska con "Slowmotionary" accantona (momentaneamente?) il pop-rock e country di matrice californiana, stacca tutte le prese e debutta con un album che vira verso l’acustico e il minimale. Lo stile dei Gruska, nipoti del compositore John Williams, si era caratterizzato per un sound dal punto di vista della produzione e degli arrangiamenti saturo, levigato e racchiuso in una confezione sfavillante, pronta a conquistare l’airplay radiofonico: tutt’altra direzione in questo debutto solista di un probabile nuovo cantautore californiano che si affaccia sulla scena musicale.

Spinto dalla volontà di partorire un lavoro quanto più personale possibile, Ethan Gruska limita gli arrangiamenti all’essenziale, preferibilmente piano e qualche contributo di chitarra acustica, per ricreare una atmosfera più intima e raccolta (a proposito: complimenti per l'eleganza della cover, perfetta unione tra contenente e contenuto) nonché una materia musicale più grezza ma che non respinga l’ascoltatore. Nonostante infatti questo minimalismo cercato e voluto, Gruska confeziona un album con brani molto brevi (nessuna delle dodici tracce supera i tre minuti e mezzo, per dire), che accarezzano l’ascolto e non impegnano più di tanto.

Il problema è che a mano a mano che si procede nel disco la soglia di attenzione cala, perché non vengono offerti elementi tali da catalizzare più di tanto l’ascoltatore, con il rischio di trascinare “Slowmotionary” nell’alveo della musica per ambienti. E questo nonostante il cantautore abbia messo sé stesso nella scrittura dell’album così come nella produzione volutamente scarna, con le reminiscenze della sua infanzia nell’opening track “The Valley”, per voce sussurrata e piano. Ma – altro problema – servirebbe qualche iniezione di personalità in più, perché  l’humming e il sapore di ballad soul di “Me Who Wasn't Trying” ricordano vagamente James Blake, mentre in altri momenti, anche per via dei timbri vocali molto simili, sembra di assistere a una versione acustica dei Turin Brakes (il fingerpicking pop di “Reoccurring Dream”), al primo Bon Iver (“Neighbors”, brano comunque dotato di un fascino cristallino) o a Paul Simon (il ritmato folk-pop di “Time Is The Healer”).

E così tra derivazioni folk e citazioni classiche (il Debussy nelle armonizzazioni di "Grand Lies"), fonte di ispirazione per questo album, “Slowmotionary” scivola via senza colpo ferire: il ragazzo è ancora acerbo per definirlo il prossimo grande cantautore americano, giacché difetta per il momento di una certa maturità compositiva, nonostante qualche interessante avvisaglia. Un giorno magari diventerà il nuovo Elliott Smith o semplicemente Ethan Gruska, con il suo stile e le sua personalità, cosa su cui sta lavorando, come si nota in questo “Slowmotionary”: ma per il momento pare più che altro la versione statunitense di Benjamin Francis Leftwich. Diamogli tempo e non perdiamolo d’occhio, non si sa mai. 

04/08/2017

Tracklist

  1. The Valley
  2. Me Who Wasn't Trying
  3. Reoccurring Dream
  4. Short Film
  5. Rather Be
  6. Crowded City Street
  7. Grand Lies
  8. Neighbors
  9. What Are You Thinking Of?
  10. Time Is the Healer
  11. The Egotist
  12. Illuminate



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