Che
Joni Mitchell sia un punto di riferimento per Nerina Pallot non è un mistero, essendo lei stessa pronta a dichiarare una dedizione per la cantautrice canadese, ma c’è molto di più nel suo sesto album “Stay Lucky”. È il mondo del pop, in verità, il canovaccio preferito dall’artista inglese, da sempre artefice di un raffinato
crossover tra il mondo cantautorale femminile e quel mondo di mezzo nel quale c’è spazio sia per
Kylie Minogue che per i
Fleetwood Mac.
Le dieci canzoni di questo nuovo progetto sono il risultato di un orgoglioso tentativo di riscatto della musicista che, dopo i fasti di “Fires”, sembrava essere rimasta intrappolata nelle regole del
mainstream.
La chiave di volta è una matura consapevolezza, ovvero la rinuncia a inutili sperimentazioni e una più rilevante attenzione alla scrittura e alla naturalità del suono. Sono infatti gli arrangiamenti più essenziali e la rinnovata passione per la registrazione analogica gli elementi di una formula sonora che fa di “Stay Lucky” uno degli album più attraenti della carriera artistica di Nerina Pallot.
C’è la stessa poetica urban-soul dei
Massive Attack nella trascinante “Juno”, mentre l’intenso lirismo della ballata pianistica “Come Into My Room” e il delizioso profumo bossa nova di “The Heart Is A Lonely Hunter” entrano con classe nel delicato mondo del jazz-retrò citando Lena Horne, Julie London e Diana Krall.
A questo ottimo trittico fanno da corollario intelligenti incursioni in quel folk-pop nobilitato dai Fleetwood Mac (“Man Didn’t Walk On The Moon”), tentazioni orchestrali alla
Burt Bacharach (“Come Back To Bed”), accorate confessioni personali adagiate su un pregevole folk-soul (la
title track) e un perfetto equilibrio armonico, che permette anche alle canzoni meno incisive (“Bring Him Fire”, “Better”,“All Gold”) di reggere le fila di un album pop-folk ricco di classe e inventiva che, con un briciolo di coraggio, rinuncia a quello spudorato romanticismo che regna nelle classifiche di vendita.