Nonostante il cambio di guardia, che vede la band dei The Soul Investigators lasciare il campo alla Umo Jazz Orchestra, l’artista newyorkese, trasferitasi da anni a Helsinki, sembra aver sempre un passo avanti rispetto alle pur interessanti proposte in stile vintage della scuderia Daptones o Stones Throw.
Non si tratta solo di quel mood quasi noir che tratteggia alcune delle canzoni di questo nuovo album, né del pulsante ritmo funk che in più di un’occasione agita il poliedrico northern soul, ma della capacità quasi unica della Willis di far suonare tutto moderno e contemporaneo, con uno stile vocale che va ben oltre la nobile tradizione degli anni 60 e 70, a suo modo contaminato da quelle pulsioni pop-dance e white soul che l’artista ha incrociato nel suo lungo percorso artistico (Brand New Heavies, Dee-Lite, The The).
Con un repertorio che mette insieme inediti e canzoni già note, Nicole Willis riafferma il proprio ruolo di outsider, affidando alla voce di un’icona dell’hardcore punk (Ian Svenonius) i due brani che, con il loro soffuso incedere jazz-noir, incorniciano questa nuova proposta discografica (“Introducing”,” Final Call”). Rilevante e influente l’apporto della UMO Jazz Orchestra, ensemble attivo dal lontano 1975 e già partner di grossi musicisti come John Scofield, Dexter Gordon, Dizzy Gillespie, Gil Evans, McCoy Tyner e Michael Brecker.
Gli arrangiamenti sono di elevata caratura con energiche soluzioni funky-soul a base di fiati e chitarre elettriche (“Break Free (Shake A Tailfeather)”, “(Everybody) Do The Watusi”), elaborate soluzioni jazz-soul per delle malsane e istrioniche ballate (“No Child Denied”, “When We Go Down”), ipnotici e cadenzati suoni di fiati e ottoni per uno slow-funk alla James Bond (“Haunted By The Devil”) e deliziosi groove privi di una dimensione temporale ben definita (“Together We Climb”, “Togetherness”).
“My Name Is Nicole Willis” è in definitiva un album che si fa apprezzare non solo per la consueta e prevedibile classe della cantante americana, ma soprattutto per quel delizioso equilibrio tra grazia e disimpegno che dà vita a sinuosi e sensuali funky-soul, come la già nota “One In A Million”, o la magnetica bonus track “Still Got A Way To Fall”.
Dietro le molte anime di questo nuovo album di Nicole Willis c’è altresì un potenziale ancora inespresso, ed è a questo punto lecito chiedersi se nel futuro dell’artista ci sarà spazio anche per soluzioni più ardite e coraggiose, giusto per evitare di ricadere nel cliché revivalistico, che potrebbe alla lunga far ripiombare il suo nome in un immeritato oblio.
(09/01/2018)