Torna a farsi sentire l'iperattivo pianista italiano (ma ormai naturalizzato francese) Roberto Negro con un interessante lavoro inciso in trio, in cui è riuscito finalmente a sfogare tutta la sua vena creativa senza mai perdere la bussola (come era successo invece in passato), condensandola in un disco fortunatamente privo di inutili fronzoli e sbavature.
"Garibaldi Plop" è infatti uno squisito album di avantgarde-jazz, ma che non suona mai banale o risaputo. Dall'impianto dodecafonico di "La storia reale" ai quieti notturni al limite del silenzio di "1944" e di "Rosina Cavatappi", è tutto un susseguirsi di piacevoli sorprese.
Si prendano, ad esempio, i pattern minimalisti di "Suole di gomma Vibram" (brano che pare quasi una trasposizione in chiave jazz di "Continuum" di Gyorgy Ligeti, con il pianoforte al posto del clavicembalo), oppure i lampi e gli scatti improvvisi di "Farina, crusca e voto alla Madonna", così come pure la caotica "Grilletto".
Non c'è un solo brano che si ripeta o che sia stato arrangiato in maniera poco ortodossa. Anche la musica da camera di "Camouflage", qui divisa in due parti (più calma la prima e assai più movimentata la seconda) rifulge di luce propria, scostandosi da ogni stereotipo già precostituito.
Pure la tipica formazione in trio ricopre dei ruoli a dir poco bislacchi, con il violoncello al posto del contrabbasso e con la batteria che suona spesso in controtempo.
Roberto Negro riesce a offrire un significativo esempio di come fare del jazz serio e originale, senza mai impantanarsi in eccessive (e ormai scontate) elucubrazioni mentali e prendendo il tutto come se fosse un gioco tra persone adulte. La bussola ora l'ha trovata, speriamo solo che non la perda agli appuntamenti futuri, vista la sua prolificità.
05/02/2017