Shamir

Hope

2017 (self-released)
lo-fi songwriting, alt-rock

Stavamo quasi per perderlo definitivamente, per privarci per sempre di nuova musica a suo nome, rimanendo ancorati a rimpiangere l'ideale seguito di quel "Ratchet" che aveva permesso di appuntarsi Shamir Bailey quale astro nascente della popmuzik internazionale. A quanto pare, l'essere diventato un personaggio da tenere d'occhio, un musicista con cui fare i conti, ha gettato però nel panico un'anima vagabonda e restia alle catalogazioni come quella del menestrello di Las Vegas, di suo mal disposto ad attendere le aspettative del pubblico, e invece voglioso di provare strade diametralmente opposte rispetto a ogni logica di carriera. È lo stesso autore ad annunciare questa decisione, tra le righe del lungo commento che compare nella pagina Soundcloud di "Hope", secondo album pubblicato a sorpresa e distribuito, gratuitamente, senza il supporto di una label che ne curasse la promozione. Mentalmente provato da una perfezione, artistica e nei confronti degli ascoltatori, cui non sapeva come tenere testa, e rattristato a suo dire da come la qualità e la rifinitura dell'arte vengano spesso considerate anche più dell'arte stessa, il nuovo ciclo di canzoni, scritto e registrato nell'arco di un fine settimana, si pone come reazione a quello che pareva essere il corso prescelto da Shamir per la sua musica. Spariscono quindi funk, hip-hop e house, e al loro posto subentrano rock, noise e cantautorato lo-fi, in una mescola ruvida e priva quasi totalmente di ogni forma di miglioria produttiva, mirata a esaltare un processo creativo che fosse il più spontaneo e diretto possibile. Il lavoro, se tiene fede alle premesse realizzative volute dal suo autore, rimane comunque una confusa dichiarazione d'indipendenza, un tentativo impacciato di imporre le proprie regole, ancora non comprese perfettamente.

Chi segue la carriera di Bailey dagli esordi sa perfettamente che è nella canzone americana più classica, quella che trae le mosse da blues e country, che l'arte del menestrello del Nevada ha individuato il suo punto di partenza. La musica dance, con le varie appendici black a completamento, è un'evoluzione successiva, un aggiornamento stilistico con cui approfondire la propria attrazione verso linguaggi più pop e di maggiore impatto; non deve sorprendere, insomma, il ritorno a un'espressività più cruda e scarna, perché in quell'ambito Shamir ha già avuto la possibilità di dire la sua. Il back-to-basics operato in "Hope" si muove però su coordinate leggermente differenti da quelle di qualche anno addietro, facendo in modo che il mélange stilistico qui sfruttato porti alle estreme conseguenze la propria visceralità, l'immediatezza compositiva.
"What Else" opera su un registro che rimanda dritto agli esperimenti weird-folk degli anni 90, con un'ispida linea di basso e un'interpretazione pastosa ad acuire lo straniamento psichedelico del brano. "Easier" di suo rimescola ulteriormente le carte in tavola e gioca nel campo del songwriting lo-fi più puro, tra chitarre sgranate all'ennesima potenza e drum-machine di cartapesta, in un bilanciamento tra le parti che porta la musica del cantautore a lambire territori noise-rock, di fatto ben rappresentati dai ronzii strumentali che sorreggono l'esile melodia di "Rain".

Con una durata simile (trentacinque minuti scarsi) sarebbe stato strano altrimenti, comunque è interessante constatare quanta versatilità espressiva e varietà di soluzioni Bailey abbia saputo infondere nel lavoro, nonostante la voluta pochezza di mezzi che ne sta alla base (simpatico in tal senso il riadattamento in chiave caraibica dei synth di "Like A Bird", quasi si trattasse di linee di steel-pan). Al di là dell'assoluta coerenza con cui ha condotto l'operazione, e del notevole ventaglio di possibilità a suo corredo, il castello eretto da Shamir non dispone però della minima solidità, frana al minimo sussulto. Quali sono i principali responsabili? I fondamenti costitutivi di una canzone, nella sostanza, e cioè melodie e interpretazioni; laddove le prime spesso si risolvono in un semplicistico flusso di note da cui è difficile ricavare una struttura realmente pensata come tale, le seconde raramente presentano la finezza e la peculiarità di tratto che aveva contraddistinto invece le parti vocali di "Ratchet", col controtenore dell'autore a rivelare invece i lati deteriori della propria voce. Specialmente nei momenti di maggiore foga espressiva, le performance di Bailey non riescono a sottrarsi da inutili e fastidiosi esercizi d'ugola (le elevazioni vocali di "Ignore Everything", di certo non aiutate da una scrittura che vorrebbe accostarsi all'indie-rock anni 90, ma finisce col risultare un pastrocchio privo di un reale indirizzo), mentre nel migliore dei casi finiscono con l'essere solo una versione appannata di quelle del passato, privandosi totalmente di quell'estro così caratteristico (come nel caso del folk primitivo di "Bleed It Out", comunque tra i pochi brani dignitosamente costruiti nella raccolta).

Sbaglia, insomma, Shamir a ritenere che una produzione più professionale e un maggiore investimento nella dimensione sonora mini le qualità intrinseche al suo songwriting. Semmai, e il bel disco del 2015 lo aveva testimoniato senza grossi margini di smentita, voce e melodie venivano esaltate con una facilità che aveva quasi dell'impressionante, che metteva in chiaro quali fossero il talento e la personalità alla base dell'intero progetto. Indubbiamente "Hope" mette in chiaro che il Nostro è uno che difficilmente scende a compromessi e che non ha paura di effettuare scelte azzardate (per quanto dolorose possano essere anche per lo stesso), il risultato però finisce con lo scialacquare doti notevoli in un brodo informe, di cui rimarrà ben poca traccia. A Bailey ora come ora questo interesserà senz'altro pochissimo, non si vorrebbe però che uno dei volti più freschi del pop americano finisca con lo smarrire la propria bussola.

22/05/2017

Tracklist

  1. Hope
  2. What Else
  3. Ignore Everything
  4. Tom Kelly
  5. Easier
  6. Like A Bird
  7. One More Time Won't Kill You
  8. I Fucking Hate You
  9. Rain
  10. Bleed It Out

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