The Match

Prendere come punto di partenza per l'incisione di un Ep, come questo self titled, l'italo-disco degli anni Ottanta e Novanta non deve essere stato semplice; non certo per la passione e l'amore che Anton Wave, Emilio White Rabbit e Alex Mancino devono avere per quel periodo e quei suoni, quanto per le difficoltà intrinseche a un genere che non sempre ha primeggiato per ispirazione e brillantezza. Eppure i torinesi (attenzione che a Torino c'è un'altra band con identico nome, e questa dovrebbero proprio spiegarcela) riescono comunque a tirare fuori qualcosa di decente, unendo alla disco nostrana vibrazioni e concetti che arrivano direttamente dall'alt-dance e dal synth-pop britannico, con cenni all'industrial techno tanto quanto all'house-pop e al french-touch, passando per euro-dance e qualche citazione dell'house statunitense delle origini oltre che di una sorta di tech-soul.

Insomma, un disco che ripercorre almeno vent'anni di storia della disco e prova a farlo nella limitatezza di circa venti minuti nei quali, ai quattro brani inediti, si aggiunge una cover dei Technotronic ("Pump Up The Jam"). Un album che trova la sua forza in qualche melodia molto interessante e accattivante, come quella che pervade "Rising Sun", ma che finisce per sbattere il muso contro gli stessi limiti dei suoi punti di riferimento, soprattutto nei suoni spesso banalmente antipatici, nella scarsa ricercatezza e in una monotonia che trasuda a ogni nota. Una buona idea sostanziale, una sfida complicatissima per ora non vinta (ma che hanno faticato a vincere gli stessi Junior Boys, per citare tra i più noti con simili punti di riferimento) e che i Match hanno dimostrato di poter vincere in futuro, magari guardando oltre il passato e lavorando maggiormente sui suoni, scegliendo con cura ogni elemento con la consapevolezza che se ci siamo sorbiti certa roba già una volta tanti anni fa, forse non abbiamo tanta voglia di subirne ancora nel 2017 i cloni sconosciuti.

07/10/2017