Ci sono dischi che al di là del loro effettivo valore diventano specchio dei tempi: l’esordio delle Aces è senza dubbio uno di questi. Il clamore suscitato da “When My Heart Felt Volcanic” è infatti sorprendente, fuori misura rispetto alle qualità intrinseche della pur gradevole proposta.
Le quattro ragazze dello Utah hanno talento e simpatia da vendere, alcune canzoni hanno il pregio di spiccare il volo, come la ruffiana “Just Like That”, le sensuali e briose “Lovin’ Is Bible” e “Bad Love”, ma soprattutto l’energica “Stuck” (il brano migliore dell’album), che insieme all’iniziale “Volcanic Love” detta le coordinate del progetto. Nonostante tutto, la sola determinazione non è sufficiente per cancellare le ombre ingombranti di band come Haim e Paramore, le quali hanno precedentemente solcato gli stessi percorsi con maggiore efficacia.
Non è che i confini dell’indie-pop permettano molte digressioni, e lasciano pertanto numerose band in balia di un facile citazionismo, trascinando le buone intenzioni verso l’anonimato. In questo caso l’eccessiva pulizia del suono e la ripetitività della formula non giova alle quattro ragazze: quello che manca in “When My Heart Felt Volcanic” è quello spirito avventuriero e naif che ha permesso in passato a gruppi (non so perché ma penso alle Go Go’s e agli Haircut One Hundred) di realizzare dei pregevoli one-off-album, forse imperfetti ma vigorosi e rinfrescanti come una doccia in pieno agosto.
Le Aces alla fine pagano lo scotto di essere figlie dei tempi correnti. Anche per il pop la vita on the road è un elemento essenziale per poter mettere a punto stile e personalità, le tredici canzoni delle quattro ragazze invece sembrano frutto di un’intelligente elaborazione fatta a tavolino, con tanto di brano lento (“Hurricane”) pronto a strappare un sorriso di compiacimento e una veste sonora fin troppo calibrata e rifinita.
La storia delle quattro ragazze americane è a questo punto emblematica: il talento non manca ma l’ingranaggio produttivo è lo stesso che riduce tutte le ambizioni giovanili a puro prodotto. Al di là di quattro o cinque canzoni obiettivamente inutili e superflue, l’album delle Aces è in fin dei conti gradevole, ma l’aridità e la tristezza che si cela dietro quest’apparente allegria sono segnali da non sottovalutare.
14/05/2018