I cinque anni trascorsi dall’esordio non hanno modificato l’intensità espressiva della voce di Aisha Burns, artista texana già violinista dei Balmorhea, nonché collaboratrice di Alex Dupree & The Trapdoor Band, adesso giunta al secondo capitolo discografico da solista per la Western Vinyl. Quella timbrica antica, agile e calda, è ritornata per raccontare con determinazione e malinconia un periodo personale difficile, ottenebrato dalla sofferenza causata dalla perdita della madre, e in parte stemperato da una nuova relazione sentimentale.
In questo alternarsi di emozioni, l’autrice ancora una volta si dimostra abile nel trasformare canzoni gentili ed eleganti in brevi racconti, i cui personaggi sembrano a volte tangibili, reali. Nonostante le direttive sonore siano quelle del country, violino, archi e chitarre twangy trovano terreno fertile in un solido insieme di chitarra elettrica, basso e batteria, il tutto adornato da delicati tocchi di synth e vibrafono. E’ un album riflessivo e introspettivo, “Argonauta”, gratificato da una varietà espressiva amabile, a volte affine ai canoni più tipici e semplici del folk cantautorale, un progetto che alterna melodie canoniche (“If I”) a canzoni più ariose e toccanti (“I Thought I Knew You Well”, “Where Do I Begin”).
C’è perfino un lieve profumo della terra d’origine dell’autrice, il Texas, soprattutto in quelle pagine più polverose, come l’introduttiva “We Were Worn”, dove le vere protagoniste sono le percussioni. Ed è proprio in quegli echi spettrali e notturni che trovano spazio le migliori intuizioni, come nel timbro metallico e asciutto della chitarra, che cadenza con un gentile fingerpicking l’ammaliante desolazione emotiva di “Would You Come To Me”, una canzone sottolineata anche da un uso discreto degli archi.
C’è un costante tono melodrammatico che aleggia tra le pagine di questo nuovo album, in alcuni casi talmente intenso da lasciare senza speranza (la title track), di rado più familiare e rassicurante (“Must Be A Way”), al punto da suonare quasi prevedibile (“Leavin’”). Arrangiamenti eleganti e profondi, una scrittura solida e un’intensa espressività vocale qualificano “Argonauta” come una piacevole conferma del talento della musicista americana, ma la sensazione più incoraggiante è quella di avere di fronte otto nuove canzoni che non sono frutto di pianificazioni discografiche o speculazioni intellettuali.
Sincero e malinconicamente toccante, il nuovo album di Aisha Burns è ben lontano dall’asettica routine.
05/07/2018