La senti ancora la curvatura
del mondo intero
sotto la schiena
(da “Piscina”)
Semplicità, storie ordinarie sulle quali soffermarsi, accantonando per un attimo la frenesia dei nostri tempi, magari sorridendoci su. A me un sorriso lo ha strappato l’immagine del tipo che esce da una macchina parcheggiata a spina di pesce, impiegando il “Fosbury”, lo stile utilizzato dagli atleti che si cimentano nel salto in alto. Andrea Casali, bergamasco, quinto album in carriera, a due anni dal già convincente “Cervino”, conferma l’innata capacità di riunire brandelli di vita comune e renderli universali, come hanno sempre fatto i Massimo Volume, come fa Edoardo Calcutta, rinnovando la nostra grande tradizione cantautorale in maniera delicata, misurata, ma anche raffinata.
Racconta di “Majorette” e vecchi cinema, resi in parole con la medesima sensibilità del Silvestri più riflessivo, diviene irresistibile quando alza di una tacca i volumi delle chitarre, senza mai voler stordire l’ascoltatore, mettendolo anzi nella condizione di dover alzare il livello d'attenzione per cogliere fra i solchi gli spunti più nascosti. Qualsiasi teenager vorrebbe ricevere in dono una “Dente di leone”, ma anche chi ha qualche annetto in più potrà apprezzare il talento e le idee, condensati in microstorie da adolescenti mezzi imbranati.
Il tempo si è accorciato e guardiamo indietro, con affetto e un pizzico di malinconia, scorgiamo i nostri figli crescere, li riconosciamo ritratti in canzoni come “Piscina”, il piccolo hit indipendente di Caso, quasi un Giorgio Canali con la fissa per le buone maniere. Vediamo loro, ed è come rivedere un po’ noi stessi più giovani: gli infiniti fallimenti, le caviglie slogate, l’autostrada presa senza biglietto, i campi da basket coi canestri rotti, le ruote bucate il giorno di Natale, le gocce di pioggia dentro al collo. Quanta tenerezza in questo piccolo mondo moderno.
Quando si accendono le luci
Restano solo i pop corn
(da “Supercinema”)
29/11/2018