Graefenberg

Nuovo lavoro elettroacustico per l’etichetta italiana Frattonove, dopo un 2017 ricco di soddisfazioni (ricordo in particolare l’ottimo album del duo Paolo Spaccamonti & Paul Beauchamp “Torturatori”). Il collettivo Graefenberg - formato da Gianni Faluomo, Andrea Prevignano e Pierluigi Pugno - con il nuovo "Plug" conferma di non essere certamente tra i più facili da ascoltare, anche tra chi ha già una certa dimestichezza col mondo dell’elettroacustica più sperimentale. Il trio, con l’aiuto di una vasta gamma di collaboratori (addirittura venti chitarristi), attinge a piene mani da tutto il versante più coerente che traccia un filo ininterrotto tra i maestri francesi Pierre Schaeffer e Bernard Parmegiani.

Ma se la musica concreta di Schaeffer sconvolge per la visionarietà in tempi tanto prematuri (addirittura gli anni del secondo dopoguerra) e l’acusmatica di Parmegiani lascia senza parole per la sua capacità di comunicare col pubblico, ad esempio nel suo indimenticato capolavoro “De Natura Sonorum” (1976), qui siamo in un ambito ben più ostico e poco accogliente. In copertina, l’inquietante mantide religiosa, con un jack pronto a stordirci e opprimerci con una montagna invalicabile di noise e distorsioni di basso e chitarre manipolate, non promette nulla di consolatorio o comunicativo. La godibilità o quello che potremmo definire intrattenimento, come è giusto che sia, semplicemente non esiste; senza rimorso alcuno.
Nove brani abbastanza diversi tra loro con elemento in comune la pressoché totale mancanza di accessibilità, un incubo elettronico per aracnidi assassini.

In un ambiente tanto alieno, senza alcun elemento che tracci un’apparente narrazione che non sia puro suono, spicca la tenebrosa “Mass Loop In D Minor”, citazione di Mozart che è figlia della geniale idea di destrutturazione di opere classiche iniziata dal maestro Stockhausen con il celebre “Hymnen” (1969).
Per il resto “Plug” è puro suono in un viaggio di sopraffina angoscia elettroacustica.

23/03/2018