Aveva quattordici anni James Hunter quando imbracciò per la prima volta una chitarra - costretto a lasciare la scuola per il lavoro, coltivò nel silenzio la sua passione per la musica di Georgie Fame, Sam Cooke e Lee Dorsey, fino a quando non riuscì a mettere su la prima band all’età di ventidue anni. Fu Van Morrison ad accorgersi delle notevoli capacità vocali del musicista, reclutandolo per la tournée del 1994, coinvolgendolo in due produzioni discografiche (“A Night In San Francisco”, “Days Like This”), restituendo successivamente la cortesia nel primo album del musicista inglese registrato per la famosa etichetta Ace Records (“... Believe What I Say”), anche se il successo arrivò solo dieci anni dopo, quando l’album “People Gonna Talk” conquistò il numero uno della classifica blues di Billboard.
Approdato nel 2013 alla Daptone, James Hunter ha dato una svolta alla sua frammentaria carriera discografica (quattro album in quattordici anni), grazie alla formazione di una band che ha reso vivido uno stile retrò privo di valenze puramente nostalgiche o passatiste. Il timbro dolce e allo steso tempo amaro della voce di James e il delizioso swing del fraseggio lirico sono ancora una volta protagonisti delle dieci tracce, caratterizzate da eleganti esotismi e sensuali groove che rimandano a Sam Cooke e da un’anima più blues che evoca Freddie King e Ray Charles.
Inciso anche questa volta con un semplice registratore a otto tracce, “Whatever It Takes” conferma le qualità di Hunter come vocalist e compositore, peraltro già espresse al meglio nel precedente “Hold On”, ma aggiunge un ulteriore motivo di diletto. Protagonista dell’avvincente mistura di soul, blues e r&b, non è solo il perfetto e naturale equilibrio tra organo, sezione ritmica e fiati, ad essi si aggiunge una presenza più rilevante della chitarra. Mentre organo e fiati primeggiano nella sensuale e languida rumba di “I Don't Wanna Be Without You” o nel delizioso soul-jazz alla Grant Green di “Mm-Hmm”, alle corde della chitarra del leader spetta infatti il compito di prendere le redini del trascinante shuffle-blues strumentale alla Booker T “Blisters” e del gospel-blues “How Long”, dove James sfodera un eccellente stile fingerpicking.
Non c’è brano che non brilli per personalità e classe: si va dal tocco di exotica della title track al vezzoso groove funky di “Show Her”, fino al brioso swing-beat di “Don't Let Pride Take You For A Ride”, mentre la rumba ritorna a far capolino nel romantico soul di “It Was Gonna Be You” e un frenetico beat latin-soul infiamma le note della travolgente “I Got Eyes”.
Con “Whatever It Takes” James Hunter conferma di essere la miglior voce soul inglese, ma soprattutto ribadisce il carattere non didascalico della sua proposta musicale, mettendo a segno anche un piccolo gioiellino soul-blues, “I Should've Spoke Up”, che ha il sapore del classico. In queste dieci eccellenti canzoni c’è sangue sudore e lacrime, ma soprattutto un’urgenza emotiva che vi conquisterà.
09/02/2018