Assai atteso, e pure prorogato nell'uscita da un non meglio precisato incidente, arriva infine il secondo "Bon Voyage" della francesina afona Melody "Melody's Echo Chamber" Prochet. Le coordinate del passatismo à-la mode non si spostano, ma si arricchiscono (fino a stroppiare), portando a canzoni anche curiosamente allungate.
Nuove frontiere dell'easy listening s'intravedono nei remix in corsa di "Cross My Heart" (scratch dell'hip-hop, flauti lounge, ritmi tropicalia, fondali sinfonici). "Desert Horse", più che uno scherzo postmoderno alla Zappa, è una canzone minore di un'artista anonima sovraccaricata con confusionarie manomissioni di studio, da un orribile autotune vocale a inserti di musica persiana. "Visions Of Someone Special", sulla falsariga, non fa granché meglio; più ascoltabile il formato breve, il quasi-power-pop di "Desert Horse". Il pop retrò di "Quand Les Larmes", la canzone forse meno fasulla, in compenso fa incetta d'orchestrazione tradizionale.
Non uno ma due produttori, Fredrik Swahn (Amazing) e Reine Fiske (Dungen), scalzano il Kevin Parker (Tame Impala) dell'esordio omonimo (2012) per un prêt-à-porter anche più di prima giocato sui colpi di scena sofisticati che legano i soliti Hardy, Bardot, Gainsbourg, Bacharach, oltre all'elettronica pop francese dei primordi. Indicano una sorta di via inusuale al ritornello ma senza esplorarla, anzi inquinandola per via della poca esperienza, e alla fine (il disco-funk di "Shirim") tutto si svilisce in una sorta di accompagnamento musicale - d'alto calibro, conveniamo - per lo shopping. La cosa migliore: la breve durata.
25/06/2018