L’album che segue un esordio di successo, si sa, è il più difficile. Le aspettative alte, le cose da dire tante. Se con “
Hills End” i DMA’s avevano sfrontatamente abbracciato il solco
britpop degli
Oasis, trovando il plauso del pubblico proprio in virtù di una certa leggerezza immediata e consolante, “For Now” amplia la sua proiezione a tutte quelle sonorità che hanno fatto grande la Cool Britannia in ambito indie e pop negli anni 90. In queste dodici tracce si alternano, infatti, suggestioni
baggy (“For Now” su tutte), acquerelli
Ashcroft-iani (“Do I Need You Now?”, “Break Me”) e qualche mellifluo accenno di dream-pop (“In The Air”).
Ma i molteplici riferimenti vengono qua riletti secondo quella suadente pulizia di scrittura e di interpretazione che è ormai il marchio di fabbrica della band australiana.
Rispetto al precedente lavoro, tutto suona più avvolgente e meditato, più morbido se vogliamo, dagli arrangiamenti alla voce di Thomas O’Dell, ma non per questo dozzinale. Anzi, esattamente come in “Hills End”, anche stavolta i DMA’s incasellano più di un pezzo da novanta: “Dawning” e “Warsaw”, da ascoltare col sole che riempie gli occhi e la brezza primaverile a solleticare la schiena, “The End”, che ammalia con la sua melodia limpida e genuina e la già citata “In The Air”, che è già un
instant classic.
Le ultime quattro tracce appaiono un po’ più fiacche, se si esclude il piccolo affresco psychedelic-pop che chiude l’album, “Emily Whyte”, in cui le trame musicali sublimi e fastose si intrecciano a una melodia semplice e lineare.
I DMA’s dimostrano, ancora una volta, di non aver inventato niente e soprattutto di non volere inventare niente, sbattendoci in faccia i loro ascendenti musicali (
Charlatans,
Stone Roses,
Oasis...), ma di essere compiutamente in grado di scrivere e suonare belle canzoni, nel senso più classico e schietto possibile. “For Now” non sarà un album “biblical”, come lo ha definito
Liam Gallagher ma, in uno scenario pop-rock sempre più vuoto e deludente, suona fresco e nuovo, lontano sia da una nostalgia lamentosa sia dallo sperimentalismo pretenzioso che affligge la maggior parte delle band pop-rock odierne, e non è un caso che stia conquistando tutti. Segno che, a volte, è proprio vero: le cose semplici sono le migliori.