Tornano gli Sword, di Austin, al loro sesto lavoro in studio. Dopo gli esordi stoner-metal nel 2006 e aver toccato probabilmente il loro apice con “Apocryphon” nel 2012, nel 2015 danno una sterzata al sound con “High Country” (e la controparte acustica “Low Country”): le influenze blues e hard-rock si fanno molto più evidenti, i toni si ammorbidiscono e dal culto iniziale per i Black Sabbath si passa a quello per i conterranei ZZ Top. Questo “Used Future” segue la stessa identica ricetta, e non è che faccia bene.
Gli ZZ Top si diceva: sono loro il problema degli Sword. Perché la musica che cercano di suonare oggi ha due difetti: il primo evidentissimo è di essere, più che datata, reazionaria. E potrebbe non essere una cosa così grave. Il vero inghippo è che per suonare hard-blues ci vuole evidentemente un carattere che al gruppo manca. Cosa che in ambito metal può più o meno facilmente essere nascosta da distorsioni e asperità varie: ma ora che la partita sarebbe da giocarsi tutta su riff, timbri e personalità (che Gibbons e barbuti soci hanno da vendere), le carenze vengono fuori.
Il risultato è un bolso stoner-blues appesantito da tutta una serie di trucchetti piazzati nel tentativo di tenere in piedi l’edificio sonoro, che sortiscono l’effetto opposto: a partire dai quasi costanti tappeti di synth (di nuovo gli ZZ Top: sexy ai tempi, in questo caso finto-fantasy), alle lungaggini che si piacerebbero psichedeliche/spaziali e invece sono solo noiose.
In effetti, la sensazione complessiva è che sarebbe solo bastato alzare un po’ il gain alle chitarre, eliminare gli infiniti fronzoli (“Prelude”, “Intermezzo”, “Reprise”… sul serio?) e magari dilungarsi, perché no, in qualche jam seriamente intesa: se bisogna essere reazionari, tanto vale farlo con stile.
Probabilmente sono proprio stile e carattere a mancare agli Sword: finché pestavano duro sulla scia di Sleep, Melvins e Kyuss, ci si poteva accontentare, adesso proprio no.
28/03/2018