Atmosfere fiabesche cariche di elementi lisergici nel secondo lavoro dei romani Weird Bloom, a due anni di distanza dall’esordio “Hy Brazil”, allora pubblicato sotto la ragione sociale – ora modificata per evitare il rischio di fraintendimenti razzisti - Weird Black.
Luca Di Cataldo e compagnia tornano con un riuscito incrocio fra “Yellow Submarine” e “Yoshimi Battles The Pink Robots”, vale a dire psichedelia e cartoni animati, fantasia e divertimento al potere, con retrogusto rigorosamente sixties.
Tanto “Cretans Are Liars” sembra uscita dal cilindro di George Harrison, solo di chitarra compreso, quanto “Quae Carcaju” è farina del sacco dei Flaming Lips più giocosi, ma sono le ombre lunghe dei Beatles a essere predominanti e rintracciabili un po’ ovunque, attraverso la fusione fra folk e arie da cartoon (“Sinking With The Jellyfish”, “The Moose, The Devil And The Wolf”) rendendo spassose anche le tracce che partono acustiche (“My Dear Elena”).
I Weird Bloom si rendono eccitanti ed efficaci sia quando congegnano brevi intermezzi strumentali (“First Bloom”) che quando decidono di coniugare l’impronta psych d’antan con il moderno indie-pop, come accade nel caso di “Second Bloom”, uno dei frangenti più personali, con tanto di richiami etnici à-la King Gizzard e un’esplosione di suoni e colori che prosegue nella successiva “3rd Bloom”.
La fascinazione per gli anni 60 e per i suoni analogici non ha mai fine, anzi sta conoscendo una nuova importante stagione. E’ un campionato del mondo che l’Italia ha intenzione di giocare: i Weird Bloom, in scia ai più noti Winstons, con “Blisstonia” dimostrano come la nuova esplosione psichedelica non ci stia cogliendo impreparati.
29/01/2018