Dodici anni sono passati dall’ultimo album di Perry Blake, musicista irlandese che ha conosciuto una rilevante notorietà in Francia con un raffinato stile cantautorale a metà strada tra David Bowie e David Sylvian, intinto in eleganti velleità orchestrali alla Michael Nyman. Dodici anni che peraltro avevano affievolito le speranze di un ritorno discografico, nonostante la pubblicazione di un progetto in coppia con Glenn Garrett sotto il nome di Electro Sensitive Behaviour.
Anticipato dal singolo “Diamonds In The Sun”, “Songs Of Praise” inaugura un nuovo contratto discografico (Moochin 'About / PIAS) frantumando quell’alone di mistero e quel susseguirsi di voci che davano il musicista in piena crisi creativa.
Dodici tracce per il nuovo album, tra le quali fa capolino un brano già edito, “So Many Things”, scritto da Blake per Francoise Hardy nel 2004 per l’album “Tant De Belles Choses” - quest’ultimo premiato in Francia con un disco d’oro (oltre centomila copie vendute).
Registrato e masterizzato da Kevin Metcalfe (che ha lavorato con i Cure per “Disintegration”, David Bowie per “Diamond Dogs” e “Pin Ups”, nonché con Queen, Who, Damon Albarn etc.), “Songs Of Praise” concentra l’attenzione sul problema della privacy nell’era digitale. L’album conferma le doti romantico/visionarie dello stile di Blake, aggiungendo alle morbide e vellutate atmosfere da perfetto crooner un tocco di elettronica, generando così curiose affinità con John Grant (“Evensong”).
Il fascino ascetico ed enigmatico è ancora intatto, riecheggia nei cori gregoriani che introducono l’avvincente giostra elettro-pop di “Miracle” e nella oscura spiritualità di “The Lives Of Strangers”.
Le ossessioni che rendevano inquieti e sfuggenti i primi due album del musicista irlandese sono ancor parte dominante: da lì sgorga il tono cupo e criptico alla Gary Numan di “Boxes” o il mood elettronico alla Bowie era “Outside” di “Lives Of Strangers”. Pur conservando un’atmosfera autunnale e malinconica, “Songs Of Praise” in più di un’occasione offre spunti non solo più accessibili (il dream-pop di “Some Kind Of Magical”) ma perfino gioiosi (l’elettro-pop di “Broken Little Orphan”).
E’ un ritorno non solo gradito ma per molti versi riuscito, quello di Perry Blake: è infatti un piacere riscoprire il fascino fiabesco delle sue canzoni (“Hypatia's Lament”), il tono greve della sua poetica (“Wrote You A Letter”), per non parlare del delizioso languore ricco di sensualità della già citata “So Many Things”, che a suo modo ispira anche l’altra perla dell’album , ovvero la raffinata “Charlie Chaplin”, perfetta chiosa di un progetto che restituisce un autore purtroppo dimenticato, ma ancora in gran forma.
19/11/2019