Protagonisti della moderna scena darkwave, e nello stesso tempo devoti alle introspettive sonorità synth-pop di Sparks, Omd, Soft Cell, e, perché no, Cure ("Capital Pains"), i Tempers sono due giovani artisti che abbracciano in pieno le istanze solitarie e oscure di quei germogli post-punk dai toni robotici e funebri. La voce di Jasmine Golestaneh regge le fila di un album variegato e non privo di spunti, il cui elemento primario è una piacevole semplificazione delle più nobili e ardimentose intuizioni di band come Suicide ("Daydreams"), Joy Division/New Order ("Filters") e DAF ("Guidance").
La peculiarità di "Private Life" è la tangibilità del songwriting, spesso più affine al mondo del cantautorato che a quello dell'elettronica. In quest'ottica si inseriscono la dolente e ruvida ballata "Push/Pull", il surf-beat in chiave darkwave di "Capital Pains" e la suggestiva rarefazione post-rock di "Sleep", che non sfigurerebbe in un disco dei This Mortal Coil.
I Tempers si dimostrano abili nel gestire un'eredità ingombrante e importante come quella della musica elettronica e dark degli anni 80, spostando l'asse emotivo dall'oscurità e dall'afflizione emotiva al caos e al surreale isolazionismo dei tempi moderni. Una chiave di lettura interessante, che legittima errori e omissioni di un disco forse non essenziale ma irreprensibile e schietto.
(24/12/2019)