Le Trash Kit hanno trovato finalmente il linguaggio sonoro ideale per poter esternare tutto il potenziale accennato nei precedenti album. Tutti gli elementi stilistici accennati in passato sono ora liberi di esplodere ed espandersi senza più timori e perplessità, spogliati di quelle indecisioni creative che ne limitavano l’energia con inutili orpelli.
Si tratta anzi di un vibrante insieme di musica africana (Nigeria, Ghana, Etiopia, Zimbawe), ad esser più precisi di pop africano (Thomas Mapfumo, Stella Chiweshe, o l’indimenticabile album “The Indestructible Beat Of Soweto”), rielaborato con quell’attitudine tipicamente English che già altre band al femminile fecero propria (Raincoats, The Slits), nonché con un occhio a quel funk-punk dal forte impatto politico e sociale (Au Pairs, Gang Of Four).
E’ senz’altro uno strano segnale quello che proviene dalla scena underground inglese: mentre avanza la Brexit, la musica si tinge di contaminazioni multirazziali. La nuova scena jazz, il ritorno del reggae, l’influenza della musica africana sulle coordinate del pop, del funk e ovviamente del jazz sono il fronte creativo di una rivoluzione culturale silente.
Il post-punk-afro-funk delle Trash Kit rischia di diventare la bandiera di questo flusso culturale: c’è infatti tanta audacia e voglia di divertirsi in “Horizon”. Il minimalismo dei testi e della musica rende tutto vitale, vibrante, autentico; i riff di chitarra sono asciutti, essenziali e accattivanti, al punto da poter proseguire all’infinito senza mai annoiare (“See Through”). C’è perfino un briciolo di surrealismo in queste undici tracce, tra voci, sax e aridi funk dall’incedere ipnotico (“Sunset”), ma a prevalere è un senso del ritmo, consacrato da refrain irresistibili (“Every Second”), moderni mantra dal forte impatto fisico e spirituale (i sette minuti dello strumentale “Disco”) e una tensione emotiva che resta vivida anche nei brani più introspettivi (“Bed -Reprise”).
Ciò che le Trash Kit riescono a convogliare nella loro musica è quella coralità antropologica che è alla base della musica popolare, ed è in quest’attitudine che trovano casa il call and response di “Dislocate”, l'aria festosa di “Traffic Lights” e l’adorabile brio di “Bed”, che nei suoi quattro minuti e venticinque secondi condensa tutta l’energia delle tre impavide e geniali musiciste.
Un album piccante.
(26/07/2019)