Come i Sigur Ros e i Godspeed You! Black Emperor, anche la Selfless Orchestra ricorre all’interazione live tra musica e immagini per perfezionare l’aspetto comunicativo e culturale, in questo caso legato alla bellezza della barriera corallina.
I tredici capitoli sonori si sviluppano intorno al rapporto sempre più critico tra l’uomo e la natura, sempre più minacciata dal turismo e dallo sfruttamento industriale e commerciale di tanta ricchezza.
A un’intersezione di archi spetta il compito di raccontarci le rocambolesche e affascinanti evoluzioni delle forme di vita che dimorano all’interno del ciclo vitale della barriera corallina, un flusso di colori e acrobazie armoniche che rappresentano il caos estatico della natura (“Boundless, Measureless”).
L’abilità nel gestire il flusso post-rock ricco di momenti descrittivi, pause, improvvise fughe ed esplosioni strumentali, perfettamente integrate al supporto video, sono alla base delle due tracce più empatiche “Time Is A Flower Part I (The Dream Refused To Stay The Same)” e “Time Is A Flower Part II (Colourful Notes Of Nocturne)”, due elaborazioni strutturalmente complesse eppur ricche della tensione sufficiente per catturare l’attenzione dell’ascoltatore, anche senza l’aiuto delle immagini.
Le modalità del post-rock sono senza dubbio quelle già note, ma mai stereotipate o superflue, soprattutto quando l’orchestra alza i toni con riff e sonorità dissonanti quasi hard-rock, nel tentativo, riuscito, di porre all’attenzione del pubblico il disastro ambientale che minaccia la realtà marina (“Beyond All Illusion Part I (Fuck Adani)”, “Beyond All Illusion Part II (Flowing Streams Of Blood And Tears)”).
Opera ricca di climax musicali, “Great Barrier” amalgama le velleità descrittive del post-rock con il fragore romantico della musica neoclassica, e al limite di certo progressive, con esiti sempre stimolanti, in perfetto bilico tra aperture orchestrali e maestosità delle distorsioni di chitarre e drone-music (“False Bodies Part I (Innocence)”, “False Bodies Part II (Ignorance)”).
L’impeccabilità concettuale si riverbera anche nella riuscita trasfigurazione della realtà in forme musicali fruibili (il canto delle balene in “Whalesong”), non è un caso che alla fine a emergere dal caos siano il suono del violino e quello della voce. Una rivincita della natura sull’arroganza umana. La forza lirica e poetica di “Eden Is Lost” racchiude in sé tutta l’autenticità di una musica che sa ancora raccontare l’uomo e quel che lo circonda, ovvero quella natura che esce comunque vincitrice e alla quale dobbiamo affidare le nostre speranze per un futuro migliore.
(24/01/2021)