Arrivati al quindicesimo album, i metallari brasiliani per eccellenza, i Sepultura, non dovrebbero aver bisogno di presentazioni. Fondati nel 1984, sono entrati nel loro settimo lustro di attività e hanno vissuto due vite: quella con Max Cavalera alla voce, terminata nel 1996, e quella con Derrick Green al microfono, che prosegue tutt'oggi.
Lontani i tempi delle fascinazioni tribali, come anche quelli dei concept-album letterari, a questo turno si ispirano al quadrivium medievale, cioè l'insieme di aritmetica, geometria, astronomia e musica.
Anche l'opera è quadripartita e la prima parte è un classico thrash-metal che trova in "Isolation", anche singolo di lancio, il suo vertice d'intensità, anche se il fangoso midtempo di "Means To An End" e l'atmosfera mefitica di "Last Time" meritano comunque una citazione. Derrick Green è in splendida forma e il chitarrista Andreas Kisser si conferma eclettico, almeno quando l'arrangiamento gli concede spazio.
Il successivo gruppo di tre brani è ispirato al periodo culminato in "Roots" ('96), il capolavoro che la band insegue da 24 anni e che qui rievoca in modo approssimativo, nonostante la portentosa prova di Eloy Casagrande dietro le pelli, a sostituire Igor Cavalera.
Gli ultimi sei brani cercano invece di esplorare quanto proposto dalla band in tempi molto più recenti: tre episodi più progressivi e altri tre più quieti, a evidenziare soprattutto la capacità di Green di utilizzare vari registri con naturalezza. "Guardians Of Earth" apre acustica, incontra cori gotici e si sviluppa come un prog-metal dalle tendenze estreme mentre "The Pentagram", tutta strumentale, macina riff su riff in un prog-thrash-metal da vertigini, che ricorda i Vektor. Per la title track si punta a un breve bozzetto acustico mentre "Agony Of Defeat" rimanda al death-metal gotico e progressivo dei 90 e "Fear, Pain, Chaos, Suffering" (con la voce di Emmily Barreto) riconduce alla maestosità corazzata dei Metallica di fine anni 80.
Il curioso svolgersi cronologico dell'album, che vorrebbe ricostruire così una lunga e mutevole carriera, permette di mettere in luce la flessibilità di Kisser e Green, confermando il talento di Casagrande alla batteria. Sembra inoltre un tentativo di emancipazione, almeno parziale, dal proprio ingombrante passato: per alcuni sono ancora una band che attende il ritorno di Max Cavalera, nonostante le numerose smentite del brasiliano. Ne esce fuori un album che servirà ai fan per fare il punto di dove si trovano oggi i Sepultura, pronti a immaginarsi un presente senza necessariamente tradire il loro passato. Per tutti gli altri, distrattisi dai tempi di "Roots", potrebbe essere l'occasione per approfittare di un bignami in stile "nelle precedenti puntate...", utile per tornare in pari con un'avventura musicale che sembra ancora lontana dal doversi concludere. Nota di merito per il produttore Jens Bogren.
23/02/2020