Seth non è un principiante del folk: è un multistrumentista nominato varie volte per il Mercury Prize, già in tour come musicista per i Jethro Tull e di recente per Robert Plant. La sua messa in scena sonora non è né diafana né sontuosa, ma possente e ben definita, quasi teatrale/cinematografica, come si addice a un album che ha la pretesa di raccontare uno spaccato storico così importante.
Il polistrumentista Benji Kirkpatrick, Geoff Lakeman, Cara Dillon e Ben Nicholls sono i principali artefici delle sapienti sceneggiature sonore di “A Pilgrim’s Tale”, spesso ricche e raffinate (“Dear Isle Of England”), a volte straordinarie e potenti come un rombo di tuono musicato a suon di bouzouki, violino, viola, chitarra, voci e tamburi (“Sailing Time”), e dunque cupe, struggenti, in equilibrio tra poesia e oscurità (“Bury Nights”).
Raramente un concept-album suona così coeso e creativo come l’ultimo lavoro di Lakeman, tra azzardi (“Westward Bound”), virtuosismi (“The Great Iron Screw”) e inclinazioni folk poco inclini alla moderna visione lo-fi (l’effervescente “Pilgrim Brother”).
“A Pilgrim’s Tale” offre una sequenza di canzoni colte e robuste (“A Pilgrim's Warning”), con almeno un trittico di autentiche perle di scrittura e passione.
Il dialogo tra la voce e il violino di “Watch Out” è più avvincente di un film d’avventura, la valenza multietnica di “The Digging Song” (una controversa narrazione dei rapporti tra invasori e autoctoni) e la splendida ballata a due voci “Saints And Strangers” sono perle di rara bellezza, punti salienti di un progetto che meriterebbe una trasposizione se non cinematografica, almeno teatrale.
Peccato che nonostante l’enorme valore storico e musicale, l’album sia passato inosservato tra le maglie della critica nostrana, più avvezza a opere marginali e impacciate, che a onor del vero della tradizione folk conoscono solo la denominazione degli strumenti.
Lakeman non è un musicista di folk revival, la struttura delle canzoni è per alcuni troppo classica e armonicamente ricca e sapiente, il tocco chitarristico è scintillante e pieno di ritmo, le sonorità sono calde, la produzione eccellente, accattivante senza essere ruffiana: qualità che non sono tra le più apprezzate dai moderni folk-addicted, ma “A Pilgrim’s Tale” è un disco che merita rispetto e attenzione.
(22/02/2021)